Voci da mondi diversi. Penisola iberica
cento sfumature di giallo
Alicia Giménez-Bartlett, “La presidente”
Ed.
Sellerio, trad. Maria Nicola, pagg. 407, Euro 16,00
È morta l’ex Presidente della Comunità
Valenciana. Vita Castellá è morta in un albergo a Madrid dopo aver bevuto una
tazzina di caffè al cianuro. La cameriera che le aveva portato il caffè di
notte dice di aver lasciato la tazzina fuori della porta per rispondere ad una
chiamata al cellulare e di averglielo poi servito anche se si era raffreddato.
Vita era stata un personaggio molto
controverso. Amava il potere, questo era chiaro. E gestiva questo potere in
maniera personale, elargendo privilegi, concedendo favori e appalti. La rete di
corruzione aveva finito per imprigionare la città di Valenza, arricchendo una
vasta cerchia di persone. Ci sarebbe stato un processo- c’era qualcuno che
aveva paura che Vita facesse nomi, che sollevasse il coperchio del vaso di
Pandora?
Il nuovo romanzo di Alicia Giménez-Bartlett inizia subito con un morto- ne seguiranno molti altri. La novità de “La presidente” è che la protagonista non è più l’ispettrice della polizia di Barcellona Petra Delicado che ci aveva anche raccontato la sua vita fittizia nel libro “Autobiografia”. È stata sostituita da ben due ispettrici, due giovani sorelle appena uscite dall’Accademia di Polizia- Berta e Marta Miralles. Sono loro a doversi occupare del caso di Vita Castellá. MA c’è puzza di bruciato nella loro nomina. Due inesperte investigatrici per l’assassinio di un personaggio così importante?
Il fatto è che ufficialmente è stato
dichiarato che Vita è morta d’infarto. Questa è la versione che sia il ministro
sia il capo della polizia hanno dato alla stampa. Perché questa menzogna in
attesa che il caso (e se è stato infarto non è neppure un caso) venga
archiviato? E comunque, dato che un’inchiesta della polizia è inevitabile, la
soluzione furba è affidare le indagini a due pivelline. Non conoscono di che
cosa sono capaci Berta e Marta…
Ci sono solo due anni di differenza di
età, potrebbero sembrare gemelle ma i loro caratteri sono diversissimi. Berta è
reduce da una delusione amorosa, è la più razionale, seria, ligia al dovere.
Marta è frizzante, leggera, prende meno seriamente il lavoro anche se poi si
mostrerà competente e pronta di riflessi. E comunque hanno fiuto, non si
accontentano di scaldare la sedia come il loro superiore si auspicava, non
badano a infrangere norme della polizia, mentono sul loro operato ai loro
superiori- d’altra parte, questi non mentono a loro?
C’è un terzo personaggio che affianca le sorelle Miralles nelle indagini ed è l’addetto stampa della ex Presidente, un ometto che- come Berta- soffre per una delusione amorosa (il suo compagno lo ha lasciato) e che si mette a loro disposizione in maniera un poco dilettantesca.
Dal vaso di Pandora scoperchiato esce di
tutto, l’immagine di quella doppia Valencia, la città antica e quella
nuovissima intorno al famoso Acquario, ne esce sporcata. E tuttavia non
possiamo dire di essere soddisfatti al termine della lettura. Forse ci eravamo
affezionati a Petra e non siamo pronti a lasciarci conquistare dalle due sorelle,
però ci sembra che si calchi troppo sulle loro caratteristiche, facciamo fatica
a prendere sul serio un’investigatrice che, mentre è in servizio, entra a
provarsi abiti da Zara e ha un flirt con un possibile testimone. Abbiamo capito
che Marta ha un carattere giocoso che serve per differenziarla dalla sorella,
ma a volte ci sembra troppo sfacciatamente ‘non poliziesco’.
Le
schermaglie verbali che avevano reso famosi il duo Petra-Firmìn sono qui
sostituite da quelle delle due sorelle, quasi Marta coprisse il ruolo che era
stato del simpatico ‘secondo’ di Petra. E, in aggiunta ai vari elementi che
rendono anomalo questo romanzo poliziesco, anche il ruolo ben poco
professionale attribuito all’ometto che era stato a servizio della Presidente
ci pare poco probabile.
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