Voci da mondi diversi. Russia
Mikhail Shishkin, “Punto di fuga”
Ed.
21lettere, trad. E. Bonacorsi, pagg. 392, Euro 19,50
Libro-lettera,
è la traduzione del titolo originale in russo. In inglese il romanzo di Mikhail
Shishkin è intitolato The Light and the
Dark. “Punto di fuga” è migliore, si riferisce a quanto uno dei due
protagonisti, Volodya, scrive in una lettera a Sasha: Ecco come funziona il mondo. All’inizio eravamo tutti insieme, un
tutt’uno. Poi siamo stati dispersi, ma a ciascuno è legato un filo, che ci tira
indietro. Il mondo intero si riunirà di nuovo in quel punto…Lì saremo di nuovo
tutti insieme perché quel luogo si chiama punto di fuga.
È veramente un Libro-lettera, il romanzo di Shishkin. È lo scambio di corrispondenza tra due amanti separati troppo presto da una sorte avversa. Sasha e Volodya si scrivono da una distanza spaziale e temporale. Perché lui è stato mandato a combattere in Cina per soffocare la Rivolta dei Boxer (inizio del ‘900), lei ad un certo punto sembra vivere in un’epoca vicino alla nostra. Non solo. Tra le tante lettere ce n’è una, più o meno a metà della narrazione, che non è scritta da Volodya ed è indirizzata a sua madre. In un linguaggio asettico le viene comunicata la morte del figlio. Il grido disperato di lei, ‘Dov’è mio figlio?’, riecheggia quello di tante madri che, in tutti i tempi, si sono viste strappare un figlio dalla guerra. Le lettere però continuano e non sono destinate solo a loro due, Sasha e Volodya, ma anche a noi che leggiamo. ‘Le uniche lettere che non arrivano sono quelle che non sono state scritte’, dice Volodya. Il tono delle une e delle altre è diverso, perché diversa è la quotidianità dei lei e di lui. Sasha sposerà un uomo più vecchio che ha già una figlia, soffrirà per un aborto, vedrà morire il padre e la madre, vedrà la bambina figlia del marito spegnersi in un letto d’ospedale. E’ come se amore e morte andassero di pari passo, come se in questo mondo di Sasha, lontano dal teatro della guerra, la morte la facesse ugualmente da padrona. Meno cruenta, senza spargimento di sangue ma ugualmente dolorosa per chi resta.
Le lettere di Volodya professano il suo amore e la sua nostalgia per lei, poi, mentre il suo reggimento è destinato a spezzare l’assedio di Tianjin insieme a truppe americane, inglesi, francesi e giapponesi, si fanno sempre più cupe per diventare angosciate e tormentate nell’avanzata verso Pechino. La bruttura della morte è ovunque, si deve avanzare nonostante il fisico sia provato e umiliato dalle malattie, si soffre per la morte di un amico e si ringrazia il cielo per non essere al suo posto. E, leggendo “Impossibile credere che da qualche parte ci sia una guerra. E ci sia sempre stata. E ci sarà sempre. Là ci sono feriti e morti veri. E c’è davvero la morte”, interrompiamo la lettura e pensiamo che questa riflessione sia stata scritta per noi, per questa nuova guerra così lontana e così vicina (il libro di Shishkin è del 2020). È questo il valore delle parole- e lo scrittore cita il Vangelo di Giovanni, In principio era il Verbo, e scrive, Solo le parole giustificano in qualche modo l’esistenza delle cose, danno un senso all’attimo, rendono reale l’irrealtà, mi rendono me stesso.
“Punto di fuga” è un libro stupefacente, un
libro che parla nello stesso tempo di amore e di morte, parla molto di morte
perché parla molto di vita, e perché, quando la morte spia ogni nostro
movimento, è il momento di riflettere sui nostri trascorsi, sul significato
dell’esistenza e dell’amicizia e dell’amore. È un libro ricco di riferimenti
colti- al leggendario prete Gianni, sovrano cristiano orientale presso cui
sarebbe stato trasportato il santo Graal, a Shakespeare, alla storia dei paesi
d’Oriente-, di descrizioni vivide di un paese, la Cina, per lo più sconosciuto
agli inizi del secolo passato, di sentimenti e di emozioni. Pensiamo, spesso,
leggendo all’immagine più volte evocata dell’insetto imprigionato nell’ambra,
perché questa è la Storia. E poi siamo affascinati dalla Parola, dall’uso delle
parole di Shishkin- In principio era il
Verbo.
Da leggere.
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