Voci da mondi diversi. Francia
cento sfumature di giallo
Franck Thilliez, “Il sogno”
Ed. Fazi,
trad. F. Angelini, pagg. 600, Euro 17,57
Nord della Francia. Tre bambini sono
scomparsi, a intervalli di tre mesi uno dall’altro. Un messaggio del rapitore diceva
che sarebbero stati rapiti quattro bambini, non uno di più, non uno di meno.
Ogni volta che un bambino scompare viene ritrovato uno spaventapasseri
che indossa gli abiti del penultimo bambino scomparso e sulla testa ha,
incollati, i capelli dell’ultimo rapito.
Una
psicologa, Abigaël,
collabora con il corpo di polizia che si occupa del caso. È lei la protagonista
del nuovo romanzo di Franck Thilliez, avvincente e sconcertante quanto il precedente
“Il manoscritto”, con alcune scene in ambientazioni cupe e spaventose quanto quelle
dell’altro romanzo. E anche qui c’è un romanzo dentro il romanzo, uno scrittore
che scrive un libro la cui trama echeggia la tremenda vicenda della realtà.
Anzi, sembra perfino che lo scrittore sappia più di quanto dovrebbe: per
esempio come può conoscere i soprannomi con cui i bambini venivano affettuosamente
chiamati in casa?
Parlando di Abigaël, c’è una cosa che va subito
detta. È narcolettica. Lo è da quando aveva 8 anni ed era stata mandata in una clinica
del sonno. Ha imparato a convivere con la sua narcolessia, la tiene sotto
controllo prendendo regolarmente un farmaco che è poi la cosiddetta “droga degli
stupri”, che deve essere dosato con attenzione per non provocare effetti indesiderati.
Abigaël resta vittima di un grave incidente d’auto in cui
muoiono suo padre e sua figlia. Ma molte cose sono poco chiare in
quell’incidente: perché suo padre, ex-poliziotto, ligio alla legge, aveva imboccato
di notte una strada chiusa al traffico per lavori? Come ha fatto Abigaël ad essere sbalzata fuori dall’auto
se era certa di avere allacciato la cintura di sicurezza? Davvero ne era certa?
Sì, almeno di quello Abigaël era sicura, ma il tormento
della sua vita quotidiana è proprio il non essere sicura di niente, perché il sonno
le apre un mondo di sogni- o di incubi?- dai contorni veri quanto la realtà. Ad Abigaël è sempre più difficile distinguere il sogno dalla
realtà. Ha escogitato un mezzo per differenziarli: infliggersi delle bruciature
sul braccio ogni volta che succede qualcosa di cui vuole ricordarsi, arriverà
perfino a tatuarsi sull’interno della gamba brevi frasi che devono servirle da
memento. Perché il farmaco che assume, oltretutto le distrugge la memoria.
E’ una donna disperata e coraggiosa, Abigaël. Disperata
perché ha perso la figlia, perché non è padrona di sé. E c’è chi approfitta della
sua debolezza e interferisce con le sue medicine.
Franck Thilliez è geniale nel costruire trame
sul filo dell’ambiguità, nel confondere le carte in tavola, nel far dubitare il
lettore di qualcosa di cui, fino al momento prima, era del tutto convinto. Il
lettore precipita, insieme ad Abigaël, in un baratro di incertezze, incapace anche lui di distinguere il sogno
dalla realtà. Quando ci sembra di essere vicini alla comprensione di quello che
è successo o del perché, ogni volta che ci pare di poter essere sicuri di
qualcosa, tutto si ribalta e ripiombiamo nel dubbio, nell’incubo. La sequenza
temporale, che non è lineare, è un altro fattore di squilibrio.
In
passato ho letto il romanzo di Jonathan Coe, “La casa del sonno”, con una protagonista
narcolettica. Non era un thriller, era un romanzo molto bello e il disturbo di
cui soffre Abigaël me lo
ha riportato alla mente. Del libro di Thilliez ho apprezzato la
singolarità del personaggio di Abigaël e la costruzione narrativa del romanzo con le sue cupe atmosfere. Non
ho trovato soddisfacente, invece la sbrigativa soluzione finale della trama.
Non so che pensare, poi, dello stuzzicante indovinello, del codice da trovare nel
libro per poter leggere un capitolo mancante. Confesso di non averlo trovato.
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