vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro dimenticato
Henning Mankell, “Prima del gelo”
Ed.
Mondadori, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 413, Euro 7,99 (formato Kindle)
Due fatti veri in apertura e chiusura del romanzo “Prima del gelo” di
Henning Mankell (pubblicato nel 2003, è uno dei tanti libri dimenticati, in
attesa su uno scaffale): il 18 novembre 1978 a Jonestown, nella Guayana
nordoccidentale, persero la vita 990 membri del Tempio del Popolo, un movimento
religioso statunitense fondato dal pastore Jim Jones. Tutti avvelenati con il
cianuro in un suicidio collettivo; l’11 settembre 2001 Kurt Wallander e sua
figlia vedono in diretta- come tutti noi- gli aerei entrare nelle Torri
Gemelle.
Fine agosto 2001. Una telefonata anonima riferisce alla polizia di Ystad
di aver visto dei cigni in fiamme sul lago di Marebo, nel Sud della Svezia.
Poco dopo un vitello muore in una fattoria della zona: qualcuno gli ha dato fuoco.
Non è finita. Scompare un’anziana etnografa che sta mappando gli antichi
sentieri di questa area. Scompare anche Anna, l’amica di Linda, la figlia di
Kurt Wallander che tra una decina di giorni prenderà servizio nel corpo di
polizia. Anna aveva appena raccontato a Linda di aver rivisto suo padre di cui
non aveva più saputo nulla da quando se n’era andato di casa, abbandonando la moglie
e la figlia piccola. Un uomo che riappare e due donne che scompaiono.
L’etnografa (anzi, parti di lei) verrà ritrovata in uno scenario agghiacciante.
Anche Anna riapparirà ma i dubbi su che cosa abbia fatto e chi abbia
incontrato, su chi ‘sia’ lei in realtà, aumentano. Finché scompare un’amica
comune di Anna e Linda, mamma single di un bambino piccolo.
suicidio collettivo di Jonestown |
La trama di questo vecchio romanzo di Mankell non è di quelle che
preferisco. Tuttavia Mankell è sempre Mankell, la sua scrittura è sempre un
piacere e c’è molto di altro, oltre alla trama, che suscita la nostra attenzione
e che ci fa pensare. È come se ci fossero due diverse narrative in “Prima del
gelo”. Una, la principale, quella che ci tiene in sospeso fino all’ultimo sulla
sorte dei personaggi coinvolti e della stessa Linda (non è un bel presagio, per
la sua carriera, essere già a rischio di vita prima ancora di incominciare), è
quella che interessa Mankell più da vicino- i pericoli del fanatismo, qualunque
ne sia la matrice.
L’altra narrativa è più personale, più psicologica, e
riguarda il rapporto padre e figlia, madre e figlia, che osserviamo attraverso
due modelli differenti- la famiglia Wallander in cui, dopo la separazione, Kurt ha conservato con Linda un legame stretto
anche se fatto di contrasti e baruffe, e la famiglia disgregata di Anna il cui
padre l’ha abbandonata da piccola, un’assenza che lei, Anna, ha riempito con
una presenza immaginaria.
Ci sono poi i flashback di Wallander che pensa a suo
padre che dipingeva quadri sempre uguali, che ricorda colleghi morti di cui era
amico. Quando Kurt Wallander porta la figlia nella radura del bosco in cui ogni
albero rappresenta uno dei ‘suoi’ morti, quello che le comunica è un messaggio
di vita eterna attraverso la natura, l’antidoto migliore contro le morti atroci
che devono fronteggiare.
Un libro che completa la panoramica dello scrittore scomparso, anche se
non è uno dei suoi migliori.
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