Voci da mondi diversi. Area germanica
cento sfumature di giallo
Harald Gilbers, “Berlino 1944”
Ed.
Emons, trad. G. Giri, pagg. 389, Euro 15,00
Berlino.
Maggio 1944. Una città allo stremo. La fine si avvicina- molti se lo augurano,
pochi credono ancora ciecamente nell’arma segreta del Führer. I bombardamenti si susseguono, implacabili. Quanto lontana è,
questa città in macerie, con gli occhi ciechi delle finestre da cui si vede il
cielo nei muri rimasti in piedi, dalla grandiosa Germania- questo sarebbe stato
il suo nuovo nome-, sogno di un pazzo megalomane.
Richard
Oppenheimer, ex commissario della polizia criminale, vive con la moglie ariana
nella Judenhaus. E’ stato esonerato dal suo incarico, ma è il male minore
considerando la sorte degli ebrei, deportati in massa verso est. Forse, se non
succede niente alla moglie, riuscirà a scamparla, anche se vive sempre
all’erta, inghiottendo pasticche di Pervitin, l’anfetamina brevettata in
Germania nel 1937 e somministrata ai soldati della Wehrmacht come fosse una
tavoletta di cioccolata. Quando viene prelevato da casa dalle SS, Oppenheimer
pensa subito al peggio ed invece è ricercato per le sue competenze, per la
bravura che ha mostrato nel risolvere dei casi in precedenza. E’ stato
ritrovato, ai piedi di un monumento dedicato alla prima guerra mondiale, il
cadavere di una donna mutilato nelle parti intime. Ce ne saranno altri ed è
presto chiaro che l’assassino è un serial killer che deve avere qualche
disturbo mentale, che, in una lettera inviata alla polizia, sproloquia sulle donne, tutte puttane che
infettano gli uomini con il loro sangue marcio.
C’è un doppio crescendo nel ritmo di
“Berlino 1944”, primo di una trilogia di romanzi dello scrittore tedesco Harald
Gilbers. Aumentano gli allarmi nelle notti di Berlino, durante un bombardamento
Oppenheimer resta intrappolato nella cantina di una casa dove si è rifugiato
insieme a Vogler, l’ufficiale delle SS che ha chiesto il suo intervento e gli
ha dato il permesso, anzi, gli ha ordinato di staccare la stella gialla dal
cappotto- e questa è una scena molto bella e significativa, con i due
antagonisti che fronteggiano insieme la possibile morte-, e di pari passo
aumenta il numero delle donne che scompaiono e vengono uccise e mutilate.
Finché i due drammi, quello della città simbolo della Germania e quello delle
donne vittime dell’assassino che sembra giocare a nascondino con Oppenheimer,
si uniscono in una notte di tregenda quando, tra il fragore delle esplosioni e
le fiamme degli incendi, si scopre una croce uncinata formata con resti umani-
una macabra beffa suprema.
Un personaggio interessante, questo
Richard Oppenheimer. Una sorta di antieroe che non teme mostrare le sue paure,
si imbottisce di Pervitin per affrontare il pericolo e tuttavia ha il coraggio
di sfidare il Reich per raggiungere la verità. Perché- chi cerca di coprire il
vero colpevole, chi ha fatto scomparire degli incartamenti? E anche l’Hauptsturmführer
Vogler acquista un nuovo interesse ai nostri occhi mentre cambia nel tempo,
abbandonando i pregiudizi, imparando a stimare quell’ebreo che, in fin dei
conti, gli ha salvato la vita e- grande merito- disobbedendo agli ordini per
seguire la sua coscienza.
Bellissima l’ambientazione a Berlino nel
mese che precede lo sbarco degli alleati in Normandia, avvenimento su cui
circolano voci di cui è difficile accertare l’autenticità.
Se non la smetto di frequentarti, finirò per ridurmi sul lastrico!
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