mercoledì 12 aprile 2017

Sergio del Molino, “Nell’ora violetta” ed. 2017

                                           Voci da mondi diversi. Penisola iberica
            autobiografia
            FRESCO DI LETTURA

Sergio del Molino, “Nell’ora violetta”
Ed. Sellerio, trad. Maria Nicola, pagg. 223, Euro 16,00

    Pablo. Pablo ha dieci mesi. Pablo è ammalato. Leucemia. Suo padre, lo scrittore Sergio del Molino che ha scritto questo libro per parlarci di lui, per registrare il calvario della sua malattia, non vuole che si parli di lui come del ‘bambino’, del ‘piccolo’. Pablo ha un nome, diamogli la dignità di ‘essere’ un individuo con il suo carattere e il suo nome.
    Sergio del Molino non vuole scrivere un libro strappalacrime ma non possiamo non leggerlo con il cuore stretto, perché Pablo diventa un poco nostro figlio, sentiamo le sue sofferenze sulla nostra pelle, teniamo il fiato in sospeso in attesa di un responso medico, ci chiediamo fino alla fine, ‘ce la farà?’. Sarà uno del numero esiguo di casi simili al suo che hanno reagito positivamente alle cure, alla chemio, al trapianto di midollo?
    L’autore ci racconta della nascita di Pablo, del cesareo, dei suoi primi difficili giorni di vita- era un presagio?-, delle grandi gioie di veder crescere un cucciolo d’uomo, del viaggio in Italia e la scoperta del mare. Gli occhi sgranati di Pablo che non sapeva capacitarsi che quell’immensità azzurra fosse acqua. E poi la stanchezza anomala, quando il pensiero non era preoccupazione. Le prime analisi, i cauti avvertimenti dei dottori, la conferma della leucemia.
dal blog dello scrittore
     Iniziava così la guerra- non c’è altra parola per dirlo- contro la malattia e l’altra guerra, quella interiore, per non perdersi di coraggio, per non lasciarsi andare, per aiutare Pablo. Restando ogni istante al suo fianco, dandosi il cambio e trovando la forza di andare avanti, di mangiare e di dormire- come avrebbero potuto, lui e sua moglie, essere di aiuto a Pablo se non fossero stati in forze?
   E’ sempre doloroso leggere un libro come “Nell’ora violetta”. Mi è venuta in mente la poesia di Carducci che una volta era d’obbligo studiare a memoria nella scuola elementare, “L’albero a cui tendevi la pargoletta mano…”, che termina con i versi “Tu dell’inutil vita/ estremo unico fior,/ sei nella terra fredda,/ sei nella terra negra;/ né il sol più ti rallegra/ né ti risveglia amor”. Non è una bella poesia ed è un bene che non si legga più a scuola. Però ricordo quanto avesse colpito me bambina, l’immagine dell’albero che rifiorisce a primavera e il bimbo che non lo vedrà più, quanto mi fosse parso straziante (pur nei versi rigidi) il dolore del padre. Perché- e questo già lo sapevo- non è giusto, non è normale che un figlio muoia prima di un padre. Come fa notare Del Molino, un genitore che ha perso il figlio è senza definizione- si resta orfani di padre e madre, vedovi del compagno di una vita, ma non è previsto un vocabolo per quello che è un dramma ancora più grande.
Il dolore dello scrittore diventa il nostro mentre seguiamo le tappe della malattia, ci rallegriamo senza aver il coraggio di gioire veramente quando il risultato delle analisi è soddisfacente, ripiombiamo nel buio quando Pablo soffre, quando l’équipe medica si dà da fare, tentando l’impossibile, sperimentando tecniche nuove per sconfiggere il male, vorremmo accarezzare piano la testolina calva di Pablo e ci sembra di vedere il soffio d’aria, lieve come un sospiro, che agita i capelluzzi biondi che gli sono ricresciuti.

     Resta per sempre nell’ora violetta di T. S. Eliot, Pablo, rimane per sempre nell’ora del crepuscolo insieme a tutti i bambini che non sono potuti diventare grandi, e sappiamo, come lo sa lo scrittore, che non lo dimenticheremo mai. “Un figlio che se ne va si porta via per sempre una parte di te e niente e nessuno riempirà mai quel vuoto”.

Un libro sobrio nel suo dolore, esauriente nelle spiegazioni mediche. Un libro che ci fa vergognare di qualunque cosa noi possiamo avere l’ardire di lamentarci, che ci fa contare sulle dita le nostre fortune.


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