Voci da mondi diversi. Penisola iberica
autobiografia
FRESCO DI LETTURA
Sergio del Molino, “Nell’ora violetta”
Ed.
Sellerio, trad. Maria Nicola, pagg. 223, Euro 16,00
Pablo. Pablo ha dieci mesi. Pablo è
ammalato. Leucemia. Suo padre, lo scrittore Sergio del Molino che ha scritto
questo libro per parlarci di lui, per registrare il calvario della sua
malattia, non vuole che si parli di lui come del ‘bambino’, del ‘piccolo’.
Pablo ha un nome, diamogli la dignità di ‘essere’ un individuo con il suo
carattere e il suo nome.
Sergio del Molino non vuole scrivere un
libro strappalacrime ma non possiamo non leggerlo con il cuore stretto, perché
Pablo diventa un poco nostro figlio, sentiamo le sue sofferenze sulla nostra
pelle, teniamo il fiato in sospeso in attesa di un responso medico, ci
chiediamo fino alla fine, ‘ce la farà?’. Sarà uno del numero esiguo di casi
simili al suo che hanno reagito positivamente alle cure, alla chemio, al
trapianto di midollo?
L’autore ci racconta della nascita di
Pablo, del cesareo, dei suoi primi difficili giorni di vita- era un presagio?-,
delle grandi gioie di veder crescere un cucciolo d’uomo, del viaggio in Italia
e la scoperta del mare. Gli occhi sgranati di Pablo che non sapeva capacitarsi
che quell’immensità azzurra fosse acqua. E poi la stanchezza anomala, quando il
pensiero non era preoccupazione. Le prime analisi, i cauti avvertimenti dei
dottori, la conferma della leucemia.
dal blog dello scrittore |
Iniziava così la guerra- non c’è altra
parola per dirlo- contro la malattia e l’altra guerra, quella interiore, per
non perdersi di coraggio, per non lasciarsi andare, per aiutare Pablo. Restando
ogni istante al suo fianco, dandosi il cambio e trovando la forza di andare
avanti, di mangiare e di dormire- come avrebbero potuto, lui e sua moglie,
essere di aiuto a Pablo se non fossero stati in forze?
E’ sempre doloroso leggere un libro come
“Nell’ora violetta”. Mi è venuta in mente la poesia di Carducci che una volta
era d’obbligo studiare a memoria nella scuola elementare, “L’albero a cui
tendevi la pargoletta mano…”, che termina con i versi “Tu dell’inutil vita/
estremo unico fior,/ sei nella terra fredda,/ sei nella terra negra;/ né il sol
più ti rallegra/ né ti risveglia amor”. Non è una bella poesia ed è un bene che
non si legga più a scuola. Però ricordo quanto avesse colpito me bambina,
l’immagine dell’albero che rifiorisce a primavera e il bimbo che non lo vedrà
più, quanto mi fosse parso straziante (pur nei versi rigidi) il dolore del
padre. Perché- e questo già lo sapevo- non è giusto, non è normale che un
figlio muoia prima di un padre. Come fa notare Del Molino, un genitore che ha
perso il figlio è senza definizione- si resta orfani di padre e madre, vedovi
del compagno di una vita, ma non è previsto un vocabolo per quello che è un
dramma ancora più grande.
Resta per sempre nell’ora violetta di T.
S. Eliot, Pablo, rimane per sempre nell’ora del crepuscolo insieme a tutti i
bambini che non sono potuti diventare grandi, e sappiamo, come lo sa lo
scrittore, che non lo dimenticheremo mai. “Un figlio che se ne va si porta via
per sempre una parte di te e niente e nessuno riempirà mai quel vuoto”.
Un
libro sobrio nel suo dolore, esauriente nelle spiegazioni mediche. Un libro che
ci fa vergognare di qualunque cosa noi possiamo avere l’ardire di lamentarci,
che ci fa contare sulle dita le nostre fortune.
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