Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Diaspora ebraica
FRESCO DI LETTURA
Edmund De Waal, “La
strada bianca”
Ed.
Bollati Boringhieri, trad. Carlo Prosperi, pagg. 403, Euro 17,00
C’è
la passione, dietro una collezione. C’è la ricerca infinita di quel minuscolo
dettaglio che fa la differenza tra un oggetto e un altro e che ne rende
indispensabile il possesso. Perché è così: collezionare vuol dire possedere,
passare ore a catalogare, a seguire le tracce che portano al passato e alla
storia dell’oggetto della nostra collezione. Il collezionista è anche uno
storico, di qualunque storia si tratti.
Nel
suo primo bellissimo romanzo, “Un’eredità d’avorio e ambra”, Edmund De Waal
aveva seguito a ritroso la storia dei 264 netsuke
(le piccole sculture giapponesi che servivano a fissare il cordoncino dei
kimono) ricevuti in eredità da uno zio. Ne “La strada bianca” De Waal segue
altre tracce, in un altro itinerario che ha a che fare solo con lui e con
quella che è stata la sua passione fin da quando aveva cinque anni e che lo ha
fatto diventare un ceramista famoso: la strada bianca non può essere che la via
della porcellana, l’oro bianco che bisogna rincorrere fino in Cina, a
Jingdezhen nello Jiangxi, “la leggendaria Ur dove tutto ebbe inizio”.
antico vaso cinese |
Quella di Jingdezhen è la prima ‘montagna
bianca’ che De Waal deve scalare- ha disegnato una sorta di paesaggio sulla
parete del suo studio, a Londra. Delle frecce portano ai luoghi dove è già
stato, delle linee tratteggiate segnano quelli dove deve ancora andare. Prima
Versailles, poi Dresda. Poi Plymouth che vede la nascita della porcellana inglese,
poi sui monti Appalachi e indietro in Cornovaglia, per terminare- sì, pare
impossibile- a Dachau. De Waal guarda con l’occhio dell’esperto, giudica la
qualità di quello che vede, descrive con il tono dell’innamorato, tocca le
porcellane come se fossero la pelle candida di un’amante, ci racconta la storia
che c’è ‘dietro’ quello che vede. Storie di fatiche e di scoperte casuali, di
imperatori, di sovrani, di alchimisti tenuti prigionieri, di regali folli e di
spese altrettanto folli per possedere un numero spropositato di porcellane, di
quaccheri rigorosi e severi che pure, incredibilmente, sono contagiati da
questa passione del bianco. Si arriva ai tempi più vicino a noi, a Hitler, a
Himmler, ai laboratori nel campo di concentramento di Dachau dove i prigionieri
ebrei venivano messi al lavoro. De Waal cita Melville, lo scrittore del bianco
per eccellenza, il capitolo XLII di “Moby Dick”, ‘in molti oggetti naturali la bianchezza accresce raffinatamente la
bellezza, quasi le impartisse una sua speciale virtù, come nei marmi, nelle
camelie e nelle perle.’
porcellana di Dresda |
Seguendo
la via della porcellana, ogni tanto Edmund De Waal fa- figuratamente- una sosta
e ci parla della sua passione e della
sua attività come ceramista, delle sue idee e delle sue creazioni, dei suoi
successi e insuccessi, delle sue mostre e del significato che hanno per lui.
ceramiche di De Waal |
“La strada bianca” è un libro singolare e
per molti versi affascinante. Manca, però, di un elemento umano coinvolgente
quanto quello rappresentato dalla famiglia Ephrussi in “Un’eredità d’avorio e
ambra”. I personaggi che popolano le pagine de “La strada bianca” vengono fuori
dai libri di storia, sono interessanti per il ruolo che hanno nella scoperta e
nella diffusione della porcellana, ci divertono anche- a tratti-, ma non
acquistano vita, hanno una sola dimensione e si lasciano facilmente
dimenticare. E’ un libro che, però, consiglio a tutti gli appassionati di
porcellana e a tutti quelli che sono incantati dall’ ‘elusività del bianco’.
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