Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
romanzo 'romanzo'
il libro dimenticato
Elizabeth
Jane Howard, “Il lungo sguardo”
Ed. Fazi, trad. M. Francescon, pagg.
512, Euro 17,50
Soltanto a pagina 276 del romanzo “Il lungo sguardo” conosciamo il nome
della protagonista, chiamata sempre, finora, Mrs. Fleming. E se Elizabeth Jane Howard ha deciso così, non sarò
certo io a svelarvi il nome. Anche perché lei, Mrs. Fleming, fa osservare al
marito che era tanto che non la chiamava per nome. Una sottigliezza importante.
Se scompare il nome, scompare anche la
persona: chi è la donna a cui si rivolge il marito? Una sua appendice che
porta il suo cognome, qualcuno che non esiste senza di lui, qualcuno che ha
finito di perdere la sua identità nel corso della vita insieme: “Il lungo
sguardo” è il lungo sguardo indietro su un matrimonio infelice.
1950- 1947- 1937- 1926, si riavvolge su queste tappe la storia di Mr.
e Mrs. Fleming. Lui, peraltro, un nome
ce l’ha- Conrad- e viene chiamato con quello oppure con Mr. Fleming oppure
Fleming tout court. Lui che esce e
rientra in casa quando vuole, che ha sempre avuto delle amanti (l’ultima è la
giovanissima Imogen). Le scene di apertura del romanzo sono nell’occasione del
fidanzamento del figlio Julian: sposerà a breve una ragazza giovane, immatura,
piuttosto insignificante. Andranno a Parigi in viaggio di nozze- Julian
chiedendosi che cosa mai faranno a Parigi tutto il tempo da soli, la fidanzata
che non sa proprio che cosa aspettarsi dal matrimonio. E’ una coppia che finirà
per ripetere il modello dei due Fleming? Mrs. Fleming (continuiamo a chiamarla
così, come nel libro) ha anche una figlia, Deirdre, il cui comportamento
vorrebbe essere in opposizione a quello della madre e invece… - vive per conto
suo, è incinta ma ripiegherà su un matrimonio di convenienza con un uomo che
non è il padre del bambino.
Che cosa ha portato i Fleming al punto di adesso, ad una rottura che
pare definiiva e inevitabile? Rivediamo all’indietro la pellicola del loro
matrimonio, cogliendo i cambiamenti di decennio in decennio fino al momento
dell’incontro tra Conrad e quella che allora era una fanciulla di cui non
vogliamo dire il nome, appena uscita da un amore che non aveva fatto a tempo ad
iniziare ed era stato meglio così. Lei bellissima senza sapere di esserlo, con
una madre che la mortificava e forse era inconsciamente gelosa di lei, ingenua
e con tutta la freschezza della giovinezza.
C’è sempre molto di autobiografico, nei romanzi di Elizabeth Jane
Howard, una donna bellissima lei stessa, con una madre decisamente antipatica
che le preferiva i figli maschi cogliendo ogni occasione per denigrare lei (è
da questa madre russa che Jane Howard ha preso gli zigomi alti che rendono così
singolare il suo viso?), un padre che aveva cercato di molestarla, un primo
matrimonio (per fuggire da casa) a cui ne erano seguiti altri- per ben diciotto
anni è stata sposata allo scrittore Kingsley Amis che di certo l’ha tenuta in
ombra, tronfio della sua gloria. E’ da questo rapporto distruttivo che Jane
Howard prende esempio nelle sue storie di matrimoni? Ma in ogni caso la realtà
è molto complessa, la storia di un matrimonio è sempre una storia di amore e di
odio, di passione e di disgusto, di tradimenti e di riavvicinamenti, di
desiderio e di ritrosia. Mrs. Fleming non riesce ancora ad essere la donna indipendente
che fu Jane Howard- le male lingue si sbizzarrirono sui suoi amori, sui mariti
che rubò alle sue amiche. Mrs. Fleming è intrappolata in un rapporto da cui non
è libera di uscire- lo vorrebbe veramente, poi?
“Il lungo sguardo” è stato pubblicato per la prima volta nel 1956. La
traduzione in italiano è apparsa nel 2014, anno in cui è morta la scrittrice.
“Gli anni della leggerezza”, primo libro della saga dei Cazalet, è del 1988. Si
sente la differenza. La penna è sempre la stessa, così pure il leggero tocco
dell’introspezione, ma c’è una certa qual ridondanza espressiva ne “Il lungo
sguardo”, una certa lentezza nella seconda metà del romanzo. Non ho avuto
rimpianti ad abbandonare il personaggio di Mrs. Fleming (forse anche perché la
fine è l’inizio della storia) mentre mi sono sentita sola quando ho terminato
“Gli anni della leggerezza” e “Il tempo dell’attesa”.
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