vento del Nord
FRESCO DI LETTURA
Frank Westerman, “L’enigma del lago rosso”
Ed. Iperborea, trad. Cecilia
Casamonti, pagg. 416, Euro 18,50
Incominciamo dalla fine, per parlare del
nuovo libro di Frank Westerman, “L’enigma del lago rosso”. Incominciamo a parlare dal silenzio. Il silenzio che grida nella
lettera scritta dal professor Bole Butake a cui lo scrittore aveva chiesto di
tenerlo informato sulle cerimonie ufficiali che si sarebbero tenute in Camerun
per il venticinquesimo anniversario del giorno- il 21 agosto 1986- in cui ogni
forma di vita umana e animale era scomparsa
dalla valle del Nyos.
Non è successo niente. Alla radio
di Stato:
niente. Alla televisione di
Stato: niente.
Il disastro è stato completamente
ignorato.
Questo è il Camerun.
E’ allora, in risposta al
silenzio del ‘niente’ che ha inizio il libro di Westerman la cui passione per
la ricerca storica dal cuore singolare abbiamo già apprezzato in “Pura razza
bianca”. Perché qualcuno deve dare una voce ai morti. Perché ai morti si deve
il coraggio della verità. Anche se è una verità che fatica ad affiorare,
soffocata anch’essa dalla nube di gas
tossico che ha addormentato per sempre più di 1700 persone e di 3500 capi
di bestiame il 21 agosto 1986.
Sono due i nomi degli scienziati che
ricorrono con maggiore frequenza nel libro-indagine di Westerman- quello del
più famoso vulcanologo del mondo, Haroun
Tazieff, e quello del più giovane Haraldur Sigurðsson. Appena si diffonde la notizia della tragedia,
il verdetto di Tazieff è immediato: il
biossido di carbonio è il gas assassino. Il lago Nyos è un lago situato nel
cratere di un vulcano quiescente a circa 300 km. da Yaoundé, in Camerun. Una
sacca di magma giace negli abissi del lago provocando una fuoriuscita di
anidride carbonica che satura le acque del lago. Per cause non chiare- forse una
frana- la sera fatidica le acque sono state smosse emettendo così l’anidride
carbonica contenuta in esse ad alta concentrazione: pensiamo ad “una bottiglia
di Coca Cola alta due terzi del Chrysler Building, fortemente agitata, a cui
salta il tappo.”
Frank Westerman ricostruisce gli
avvenimenti, spiega le diverse teorie, ascolta le interpretazioni favoleggiate
e mitiche della gente del posto, presta orecchio anche ad un’altra supposizione ben più sinistra di quella che spiega con
cause naturali quanto è successo, e cioè che una potenza straniera (Israele? la
Francia? un’altra nazione?) abbia sperimentato un’arma letale (con il
beneplacito del presidente, naturalmente), ricorda altri avvenimenti simili
(nel lago di Monoun, ad esempio), cita esplosioni di vulcani (Stromboli, per
dirne uno che ci riguarda da vicino) e gli studiosi che ne hanno parlato
(Plinio).
Se l’esame dell’aspetto scientifico della
tragedia del lago Nyos soddisfa il desiderio del lettore di spiegarne le cause,
pur con tutte le teorie e contro-teorie, c’è anche l’aspetto umano del dramma che Frank Westerman non dimentica mai e
non ci permette di dimenticare. Interroga i pochissimi superstiti e ci colpisce
la casualità della morte: come è
possibile che un ragazzo si sia salvato e quello che gli dormiva accanto sia
passato direttamente da un sonno all’altro? Che una bimba sia venuta alla luce
tra i morti? Quale destino preveggente ha spinto qualcuno ad allontanarsi dal
villaggio proprio quella sera? Pensando a quelle vite stroncate in maniera così
improvvisa e innaturalmente ‘naturale’, pensiamo alle vittime di Pompei,
immobilizzate per sempre nei loro ultimi gesti. E siccome molte delle
spiegazioni locali parlano di divinità malvagie e di presagi, Westerman allarga
il suo quadro, ricostruendo l’arrivo del cristianesimo e il sovrapporsi della
nuova religione.
Non c’è bisogno di spingersi fino al
Camerun per rattristarci su promesse non mantenute, su popolazioni dislocate in
una temporaneità senza fine, su morti dimenticate. Eppure uniamo la nostra
piccola indignazione a quella di Frank Westerman e gli siamo grati per aver
infranto un silenzio. Non è cambiato nulla per le vittime del lago Nyos, ma almeno ora sappiamo, almeno siamo
obbligati a ricordare.
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