Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro ritrovato
Anne Tyler, “La figlia perfetta”
Ed. Guanda, trad. Laura Pignatti,
pagg. 291, Euro 15,50
L’atrio degli arrivi di un aeroporto
americano: si svolge lì la scena d’apertura del nuovo romanzo di Anne Tyler,
“La figlia perfetta”, e vale la pena che il lettore si soffermi un attimo, in
mezzo alla folla, e si guardi intorno, proprio come l’occhio della cinepresa
che una delle persone in attesa ha in mano e con cui sta riprendendo quei
momenti memorabili. Se fosse in arrivo un cantante o una stella del cinema, non
ci potrebbe essere un’atmosfera più gioiosa e, invece, apprendiamo presto che
sono attese due bambine dalla Corea e i presenti sono i membri delle due
famiglie di cui le bambine entreranno a far parte. Attenzione, però: il
lettore-spettatore si renderà subito conto che il gruppo più chiassoso, quello
più vistosamente rappresentativo, anche dal punto di vista numerico, è propriamente
americano, mentre il secondo sparuto e ritroso gruppuscolo è chiaramente di
altra origine etnica. E’ una differenza importante su cui verrà giocato tutto
il romanzo, una sorta di pretesto per Anne Tyler per tracciare, con penna
leggera, con sapiente ironia e umorismo, un ritratto di due società e di due
culture a confronto. E per suggerire come l’apertura mentale, la conoscenza e
la cultura possano abbattere le frontiere, contribuendo ad un incredibile
arricchimento personale.
Gli americani, dunque, si preparano
ad accogliere la piccola Jin-Ho con tutte le colorate risorse offerte da un
mercato che conosce il gusto appariscente dei consumatori, ad iniziare dalle
targhette che evidenziano il grado di parentela con la bimba- zio, zia, cugina,
nonna, e genitori naturalmente. E il filmato che negli anni a venire verrà
puntualmente rivisto nella festa che ricorderà la memorabile giornata. Tutta
una grande messa in scena con le migliori intenzioni. E ciò non significa che
la coppia iraniana degli Yazdan sia meno felice di loro.
Questa esperienza particolare- avere
adottato due bambine coreane arrivate nello stesso giorno- è il pretesto perché
le due famiglie inizino a frequentarsi: per gli americani Donaldson, sempre
preoccupati del politically correct, è anche un sostegno nel loro desiderio che
la piccola Jin-Ho non dimentichi le sue origini; per gli Yazdan l’essere stati
scelti come amici è gratificante, è un aiuto per un sempre migliore inserimento
nella società americana. L’occhio di Anne Tyler è attento ad ogni dettaglio, ad
ogni sfumatura di comportamento: mentre seguiamo, negli anni, la crescita delle
bambine e il legame sempre più stretto tra le due coppie che coinvolge pure le
due famiglie allargate, sono molte le occasioni di confronto, dalle teorie
educative alla maniera di festeggiare, dalle ricette di cucina alla
elaborazione del dolore della perdita, dal come affrontare la malattia alle
difficoltà, da parte dei Donaldson, di una seconda adozione, di un’altra bimba
non così “perfetta” come Jin-Ho.
Vicino a scenette esilaranti,
come la Festa
del Ciuccio pensata dai Donaldson per buttare via il ciuccio da cui la seconda
bambina non vuole mai separarsi, ci sono episodi di vita più pensosi, c’è anche
una storia d’amore tra due persone non più giovani e rimaste sole, c’è la
sensazione di non appartenenza degli immigrati, il rimpianto sottile per il
mondo e la lingua che ci si è lasciati alle spalle e la volontà di vivere nel
presente, nella terra che si è scelta come dimora. Il tutto tracciato con
delicatezza dalla scrittrice americana, e insieme con profondità. Una bella
lettura.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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