Voci da mondi diversi. Corea
love story
Han Kang, “L’ora di greco”
Ed.
Adelphi, trad. Lia Lovenitti, pagg. 163, Euro 18,00
Una Seoul di un caldo soffocante, afoso,
umido. Una donna vestita di nero. Un uomo con occhiali dalle lenti spesse. Un
istituto di lingue.
Non
è la solita banale storia d’amore, quella che Han Kang, scrittrice sudcoreana
vincitrice del Booker Prize 2016 con il romanzo “La vegeteraiana”, ci racconta.
Piuttosto la storia di due solitudini, di due drammi privati, di un sentimento
che non può esprimersi né con le parole né con gli sguardi.
Nessuno dei due personaggi ha un nome. Lei non parla, lui non vede o vede pochissimo, fra poco non vedrà niente del tutto.
Il mutismo di lei ha radice in un trauma,
le era già successo in passato, a quel tempo era stata una parola francese, da
un libro di Proust, che le aveva restituito il linguaggio. La sua sofferenza,
adesso, è dovuta al fatto di aver perso la custodia del figlio, di poterlo
vedere a lunghi intervalli di tempo, di sapere che il bambino verrà mandato
lontano a studiare e che lui non vuole andare. Frequenta le lezioni di greco
perché spera che, in qualche maniera, quella lingua così doppiamente lontana,
nel tempo e nella cultura, da quella coreana, faccia scattare qualcosa in lei,
le restituisca la libertà di parola.
Un’eredità genetica ha predisposto lui alla cecità. Era già successo a suo padre. Lui ha sempre saputo che sarebbe diventato cieco. Aveva vissuto parte della sua vita in Germania, ora si guadagnava da vivere a Seoul dando lezioni di greco- le prepara prima, studiando a memoria le frasi che dovrebbe leggere il giorno seguente ai suoi alunni.
Quello tra la donna e il suo insegnante è un
avvicinamento lento- lui non capisce subito perché lei non parli, pensa che sia
sorda. Poi c’è un incidente, nel buio, gli occhiali di lui si rompono, lei lo
aiuta.
Il romanzo di Han Kang si svolge lungo
questa trama sottile in cui l’impossibilità di uscire da se stessi tramite le
parole è altrettanto angosciante quanto l’impossibilità di farsi strada nel
buio che imprigiona chi non riesce a cogliere i confini del suo mondo. E il
greco, con l’idea di eternità che rappresenta, con la lezione impartita dai
suoi filosofi, con la difficile razionalità delle sue regole grammaticali, è uno
stimolo per non lasciarsi andare, per lottare, per uscire dal buio e dal
silenzio.
Un libro non facile, dal fascino strano,
insolito.
Nessun commento:
Posta un commento