venerdì 24 giugno 2022

Javier Cercas, “Il castello di Barbablù” ed. 2022

                              Voci da mondi diversi. Penisola iberica

  cento sfumature di giallo

Javier Cercas, “Il castello di Barbablù”

Ed. Guanda, trad. B. Arpaia, pagg. 420, Euro 19,00

 

   Ritorna Melchor Marín, il poliziotto della Terra Alta, in Catalogna, che ora non fa più il poliziotto ma lavora nella biblioteca dove un tempo lavorava la moglie Olga. Ha un passato burrascoso, Melchor Marín, non ha avuto una vita facile e ha sempre tenuto nascosto alla figlia Cosette (deve il suo nome al romanzo preferito di Melchor, “I miserabili”) che la morte di Olga non è stata dovuta ad un incidente. Quando qualcuno dice a Cosette, ormai diciassettenne, che sua madre è stata uccisa come conseguenza del caso di cui suo padre si stava occupando, lei va in crisi. Cosette dovrebbe presentarsi all’esame di ammissione all’università, ma non è più sicura di nulla, neppure di voler studiare, e parte con un’amica per una vacanza a Majorca. L’amica ritorna da sola. Cosette si è fermata sull’isola, ha bisogno di  pensare, fa sapere al padre di non cercarla.

   Non cercarla? Come fa un padre, e per di più un padre che è stato poliziotto e conosce meglio di chiunque altro a quali pericoli una ragazza sola può esporsi, ad aspettare tranquillo che la figlia si faccia viva? È come se Melchor avesse un sesto senso, è il sesto senso di un genitore, perché dopo due giorni Cosette non è più nell’albergo dove alloggiava, anche se la valigia è ancora nella sua stanza.

Pollença

    Il titolo del libro, ripreso dai titoli degli articoli che compariranno sui giornali, si riferisce chiaramente al personaggio della fiaba di Perrault, quel Barbablù che conservava i cadaveri delle mogli in una stanza chiusa a chiave. Il Barbablù del romanzo di Cercas è un finanziere ricco e potente, stimato da tutti per il suo impegno umanitario. È possibile che un uomo così in vista abbia un lato nascosto, un Mr.Hyde dedito a festini per cui si procaccia ragazzine che soddisfino la lussuria sua e dei suoi amici? Forse sì, visto che possiede una villa valutata una cifra da capogiro a Formentera, inaccessibile e blindata? Cosette è finita forse in questa villa?

    Le ricerche iniziali di Melchor, che dimentica che ora è solamente un padre  (quante ragazze scompaiono, anche volutamente, a Majorca?) e non più un poliziotto, si scontrano con l’indifferenza della polizia dell’isola che sembra faccia apposta a procedere con lentezza- sembra una donchisciottesca lotta contro i mulini a vento. Finché Melchor si rende conto che c’è un vero e proprio muro di omertà intorno al magnate. Si apre uno spiraglio, però, quando un messaggio anonimo indirizza Melchor da qualcuno che può dirgli di più.

   Quella che si ingaggia sull’isola è una gigantesca lotta tra il Bene e il Male, dove il Bene diventa la difesa delle donne e il Male si spacca tra un male minore e un Male peggiore che ingloba pedofili e violenza, stupri e sadici delitti, corruzione e connivenza a tutti i livelli. Non ci può essere una fine immediata, pur con feriti e morti dopo una incursione nel castello di Barbablù preparata con la massima precisione e ad alto rischio. La fine si trascinerà nel tempo ma avrà un valore catartico anche per Cosette che riesce a superare il trauma subito (si riesce veramente a superare del tutto una simile esperienza?).


    C’è un grosso impegno sociale ed etico nel romanzo di Javier Cercas. C’è la volontà di smascherare chi detiene il potere dei soldi o degli incarichi pubblici e di denunciare soprusi sessuali e violenze perpetrati nei confronti delle donne, per lo più impuniti o, peggio ancora, attribuiti a comportamenti femminili consenzienti.

   Osserviamo infine due particolarità del libro- il tempo dell’azione che si svolge nel futuro e la ricorrente allusione pirandelliana ai romanzi di Cercas in cui il personaggio è proprio Melchor- è la vita che copia il romanzo o il romanzo che copia la vita? Quale è la realtà?

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