Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
Madeline Miller, “La canzone di Achille”
Ed.
Marsilio, trad. M. Curtoni e M. Parolini, pagg. 379, Euro 11,00
Cantami,
o diva, del Pelide Achille l’ira funesta…
Chi
appartiene, come me, alla generazione più vecchia, cresciuta a ‘pane e Omero’,
ha la tentazione di disdegnare un romanzo come quello della scrittrice e
studiosa americana Madeline Miller, “La canzone di Achille”, vincitore
dell’Orange Pize, pubblicato per la prima volta da Sonzogno nel 2013, arrivato
ormai alla sua diciassettesima edizione, costantemente presente in classifica.
Eppure ci deve essere un motivo per cui il libro continua ad avere tanto
successo. Cerchiamo di capirne il perché.
Quasi certamente la storia non è altrettanto conosciuta in America quanto in Italia, e il primo merito del romanzo è quello di rinverdire il valore di un mito, di rispolverare e- lasciatemelo dire- di svecchiare un classico senza tempi come è l’Iliade, raccontando, e però senza veli, la storia di un amore omosessuale che era del tutto normale per i tempi, ma che è stato invece tramandato e studiato nelle scuole come un’amicizia- quella tra Achille e Patroclo.
L’Iliade non è la storia della guerra di
Troia, è focalizzata piuttosto sull’episodio che porterà alla serie di eventi
che segneranno la fine della città assediata dai Greci per dieci anni. E
Madeline Miller attinge ad altre fonti, oltre che all’Iliade- all’Eneide per
quello che riguarda la figura di Pirro, figlio di Achille, e all’Achilleide di
Stazio per il periodo in cui Achille visse nell’isola di Sciro, sotto spoglie
femminili per sfuggire alla guerra. A grandi linee, la storia come la
conosciamo narra dell’ira suscitata in Achille dalla prepotenza di Agamennone
che, avendo dovuto restituire la figlia del sacerdote Crise per mettere fine ad
una pestilenza, reclama per sé Briseide che Achille aveva chiesto ed ottenuto
come bottino di guerra. Achille, sdegnato, si ritira dai combattimenti- sa
benissimo che i Greci non saranno vittoriosi senza di lui. Lascio scoprire il
seguito ai lettori che non conoscessero o non ricordassero quanto accade.
La novità ne “La canzone di Achille” è che la voce narrante è quella di Patroclo e non quella dell’eroe famoso che, per tutto il libro, verrà chiamato con l’appellativo aristos achaion, il migliore dei greci. Ma è veramente il migliore dei greci, Achille? Dapprima certamente sì, soprattutto agli occhi adoranti di Patroclo, il bambino di dieci anni esiliato dal regno di suo padre per aver ucciso un ragazzino prepotente. Era stato un incidente- perché Patroclo non si era giustificato? Ecco il primo divario tra le personalità dei due amici- Achille non si sarebbe mai comportato così. Si ritrovano insieme, Achille e Patroclo, a ricevere gli insegnamenti del centauro Chirone. Poco più che bambini, poi adolescenti, amici che scoprono l’amore insieme. Achille bellissimo, biondo e statuario, figlio della dea Teti, e Patroclo, scuro di capelli e di carnagione, più piccolo dell’amico. Orgoglioso e sicuro di sé il primo, all’ombra dell’altro il secondo.
A ben vedere, “La canzone di Achille” (e
l’Iliade) è un duplice romanzo di formazione: cambiano, eccome, sia Achille sia
Patroclo negli anni di guerra. E se ci era parso, nella prima parte del libro,
che la scrittrice sfruttasse il lato ‘piccante’ della storia e trasformasse la
versione tradizionale della vicenda di due eroi guerrieri in un romanzetto
rosa, l’interpretazione che dà degli avvenimenti ci fa cambiare idea, perché è
plausibile e intrigante. Perché suggerisce non uno ma due motivi per il
comportamento di Achille, perché inserisce il dubbio sull’aristos achaion- non era disonorevole per un ragazzo accettare di
travestirsi da donna? E non era disonorevole e vigliacco accettare che il suo
amatissimo amico si travestisse da lui, indossando la sua armatura, per far
credere al nemico che l’aristos achaion
era tornato a combattere? Non era disonorevole oltraggiare il cadavere di un
onorevole nemico quale era Ettore?
Allora questo tanto esaltato aristos achaion, che è avvantaggiato
dall’essere figlio di una dea e dall’aver ricevuto armi speciali, non è poi
tanto straordinario anche se poi si redime ritrovando la pietà per restituire
al vecchio Priamo il corpo straziato di Ettore. E il grande protagonista è
invece l’umile Patroclo che ha tutte le doti di umanità e generosità che
mancano al migliore dei greci.
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