Voci da mondi diversi. Ungheria
racconti
Gábor T. Szántó, “1945 e altre storie”
Ed. Anfora, trad. Richárd Janczer e Mónika Szilágyi, pagg. 232, Euro
18,50
Che cosa è successo in quel ‘dopo’? come è
stato rielaborato quello che era accaduto, da una parte e dall’altra? Il
racconto iniziale, “Il ritorno”, da cui è stato tratto il film diretto dal
regista ungherese Ferenc Török, stabilisce l’atmosfera e punta l’attenzione non
tanto sui due ebrei, uno anziano ed uno giovane, che ritornano in un villaggio
su un treno composto solo da una locomotiva, da un vagone passeggeri e uno
merci, quanto sugli abitanti che assistono allo scaricare di undici casse e
quindi al passaggio di un carretto seguito dai due uomini in lutto e diretto al
cimitero.
‘Sono tornati…Sono tornati…”, parole come un soffio di vento che percorre le strade del villaggio, entra nelle case, suscita domande, riporta ricordi alla mente, scatena paure. È chiaro chi siano quelli che sono tornati. Il passato riaffiora a sprazzi- case e negozi di cui, dopo la partenza di ‘quelli’, altri si erano impossessati (li rivorranno indietro?), mobili e suppellettili trafugati (li rivorranno indietro?). E che altro vorranno di nuovo? Ricorderanno i visi di chi è rimasto impassibile allora?
Il racconto è tutto giocato sul non detto,
sul ricordo che si preferirebbe non ricordare, mentre il carretto con le dodici
casse (contengono cosmetici, corre la voce) sfila per le vie del paese, anomalo
carro funebre. Quanto sia anomalo, quanto sia macabro, lo vedremo nel finale.
Cosmetici…E intanto, in questi bisbigli, abbiamo percepito la meschinità dei
moventi di questi ungheresi che si sono avvantaggiati del genocidio. È la
colpevolezza del silenzio, del distogliere lo sguardo, che è sconvolgente.
In un altro racconto due sopravvissuti cercano di farsi giustizia da soli. Un racconto breve che punta il dito sullo scandaloso rinserimento nelle loro funzioni di coloro che si sono macchiati di crimini di guerra e sono rimasti impuniti. In “A onor del vero” Szántó ritorna sul tema dell’impunità- due fratelli rapiscono un vecchio nazista che vive in tutta tranquillità, lo rinchiudono in una cantina obbligandolo a guardare, a ciclo continuo, il filmato sulla liberazione dei campi con le scene agghiaccianti delle montagne di morti scheletrici. Ma non sono stati solo gli ebrei ad essere vittime della guerra- ne “La notte più lunga” il tema della ‘casa’ e dell’esproprio è affrontato con riguardo alla deportazione e alla sostituzione di alcune comunità etniche in territorio ungherese. Si può pesare il dolore su una bilancia?
Lo scrittore affronta anche altri
argomenti- una forma distorta di amore materno nato dalla solitudine e
dall’isolamento, la scoperta dell’amore omosessuale e infine il dramma
dell’incertezza dell’identità sessuale in “Trans”, dove un ragazzo vuole
diventare rabbino ma vuole anche sottoporsi all’operazione per diventare donna,
e perora la sua causa con un’argomentazione lucida che rivela un intelletto
brillante.
Lo stile di tutti questi racconti è
asciutto e spoglio, lascia trapelare i pensieri dei protagonisti, il conflitto
interiore che li spinge all’azione. Sono racconti che ci parlano di
ingiustizie, di sofferenze nascoste, di ferite mai rimarginate, di un passato
che non passa, di pregiudizi e di un antisemitismo che non è mai scomparso.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
Nessun commento:
Posta un commento