Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
cento sfumature di giallo
love story
Susie Yang, “Ivy”
Ed.
Neri Pozza, trad. Laura Prandino, pagg. 413, Euro 18,00
Il suo nome cinese era Jiyuan, che voleva
dire “tentare la sorte”. Nomen omen,
Jiyuan conteneva un presagio della sua vita futura, in America, dove si sarebbe
chiamata Ivy.
Ivy era arrivata in America quando aveva cinque anni. I suoi genitori l’avevano preceduta e, quando lei li aveva raggiunti, avevano già avuto anche un altro bambino, un maschietto. “Ivy era una ladra ma a vederla non si sarebbe detto”- inizia così il romanzo di Susie Yang che, come la sua protagonista, è nata in Cina ed è emigrata negli Stati Uniti da bambina. “Ivy avrebbe scambiato mille volte la propria faccia con una versione bionda con gli occhi azzurri come le gemelle Satterfield…”, leggiamo poco più avanti. Perché la storia di Ivy, corporatura esile e bellissimi occhi dalle lunghe ciglia, nasce da questo disagio, di essere diversa, di avere dei genitori diversi, di avere meno soldi dei suoi compagni di scuola. Da qui i piccoli furti in cui la nonna le fa da maestra, dal desiderio di essere accettata la sua bugia quando è invitata ad una festa a cui la madre non le permetterebbe mai di andare, dall’ammirazione per i giovani bianchi e biondi il suo amore per Gideon Speyer che le rivolge qualche attenzione.
La famiglia di Ivy cambia casa, Ivy perde
di vista Gideon, diventa maestra, incontra per caso la sorella di Gideon (è Ivy
a riconoscere lei, non viceversa, si sa che gli orientali sono tutti uguali
agli occhi degli occidentali) e rivede lo stesso Gideon che si ricorda bene di
lei. E’ fatta. Da adesso lo scopo di Ivy è conquistare Gideon E la sua
famiglia. Più tardi l’altro uomo importante nella vita di Ivy, Roux Roman, le
dirà, con intento di ferirla, che è come una scimmietta che batte le mani quando
glielo ordinano. E lei batte le mani quando è la famiglia Speyer ad
ordinarglielo, pur di poter diventare una di loro.
Gideon e Roux offrono un contrasto interessante, per le origini famigliari, per l’aspetto fisico, per il comportamento, per la loro carriera. Gideon appartiene alla pseudo nobiltà americana, Roux è rumeno ed è meglio non dire che lavoro fa sua madre, uno biondo tanto quanto l’altro è scuro di pelle, capelli e occhi, uno timido, educato e riservato, l’altro sfrontato e irruente, Gideon è un avvocato e Roux…be’, da dove vengono tutti i soldi di Roux? Mafia? Altri traffici loschi? E Ivy, la scimmietta Ivy che mira in alto, si fidanza con Gideon e le sembra di toccare il cielo con il dito a cui lui ha infilato un prezioso anello di famiglia, però va a letto con Roux.
Questa è la prima parte di una storia dai
risvolti intriganti, perché, con leggerezza, umorismo e anche un po’ di
sofferenza, Susie Yang ci parla delle difficoltà dell’immigrazione,
dell’ambientarsi in una società che parla un’altra lingua, ha altre tradizioni
e una cultura diversa. Per Gideon, per gli Speyer, la strada della vita è un
rettilineo, per Ivy, figlia di Shen Lin, nipote di Meifeng che ha visto la
gente morire durante la Rivoluzione Culturale, è una strada in salita, e con
curve. Ci saranno poi delle sorprese, una svolta ‘gialla’, un’altra svolta che
forse ci aspettavamo e che però arriva come una sorta di giustizia poetica. In
ogni caso è meglio che il lettore sospenda ogni giudizio morale davanti a
questa vicenda di ambizioni, di sogni, di ossessioni che stravolgono
l’esistenza.
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