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Franco Faggiani, “Tutto il cielo che serve”
Ed.
Fazi, pagg. 280, Euro 17,10
24 Agosto 2016. Alle 3,36 del mattino un
terremoto di magnitudo 6.0 scuoteva la terra nei pressi di Amatrice, nel Lazio.
Altre scosse sarebbero seguite, il 26 ottobre, ancora il 30 ottobre e il 18
gennaio 2017: 41.000 gli sfollati, 388 i feriti, 303 i morti. Una catastrofe di
proporzioni immani.
A cinque anni di distanza Franco Faggiani,
di cui abbiamo apprezzato la sensibilità in altri suoi romanzi come “Il
guardiano della collina dei ciliegi” e “Non esistono posti lontani”) ha
dedicato un libro, “Tutto il cielo che serve”, a quei giorni, alla paura, al
dolore, alla disperazione, al lutto, alle vite spezzate. E soprattutto a chi è
intervenuto per portare soccorso, per salvare il salvabile, per offrire cure e
conforto- il Corpo dei Vigili del Fuoco, i comunemente chiamati ‘pompieri’ così
spesso sottovalutati perché non si sa abbastanza dei campi in cui sono
impegnati.
Una scelta insolita, dunque, quella di fare dei Vigili del Fuoco i protagonisti, e altrettanto insolito il personaggio principale- una donna a capo della squadra dei vigili impegnati nelle operazioni di soccorso.
Quando
la conosciamo, Francesca Capodiferro è in un bar di Ascoli dove ha appuntamento
con il capo della sezione dei Vigili del Fuoco della città che deve affidarle
il compito di un rilievo in quanto geologa- si sono aperte delle faglie sul
fianco della montagna, è necessario monitorarle.
La scena è significativa. Francesca non è in divisa, ha gonna e tacchi. Lui non la prende neppure in considerazione e, dopo una certa attesa, fa per andarsene. Gli avevano detto solo il cognome della persona che avrebbe incontrato e mai avrebbe immaginato che potesse essere una donna. È solo la punta dell’iceberg dei pregiudizi e delle difficoltà con cui si scontra una donna che non svolga un compito tradizionalmente femminile. Questa è una seconda tematica del libro, messa in rilievo dalla difficoltà del momento- Francesca dimostrerà di valere quanto e più di un uomo, per la capacità di prendere decisioni, di coordinare il lavoro, di agire in prima persona- persino di mettersi al volante di una escavatrice.
Francesca è sola, accampata sul fianco
della montagna, quando è risvegliata dalle scosse. Non perde un attimo. Da
questo momento l’attenzione dello scrittore è rivolta ad Amatrice, al panico,
alla disperazione per la perdita delle persone care e anche- come si può non
pensarci?- dei beni materiali, i risparmi e le fatiche di una vita intera. Ci
sono momenti di pura gioia quando si riesce ad estrarre qualcuno dalle macerie,
di pena infinita quando si trova un cadavere (il cane di Francesca, Rufus,
addestrato a questo scopo, merita una sua propria storia, così come l’allegro
cagnetto Nuzzo), di dolore partecipe quando si deve intervenire immediatamente
con interventi chirurgici d’urgenza, di furia spazientita quando si deve
impedire a qualcuno di rientrare in case pericolanti per recuperare qualcosa-
c’è qualcosa di più prezioso della vita?
Per alleggerire l’atmosfera, per rendere la cronaca di un sisma un romanzo, Faggiani dà spessore ai suoi personaggi, a Francesca che potrebbe benissimo starsene a casa e godersi i soldi ereditati dal padre, a Jack che era pilota di elicotteri ed è stato trasformato nel capro espiatorio per un incidente di cui non era responsabile, al medico che era stato compagno di scuola e primo amore di Francesca, al pompiere che pensa di non poter reggere a tanto strazio e vorrebbe abbandonare tutto, ai due cani…
“Tutto il cielo che serve” è un libro per
non dimenticare (come quello di Donatella Di Pietrantonio, “Bella mia”,
dedicato al terremoto dell’Aquila), per non accantonare il ricordo di una
catastrofe naturale che non è finita, non di certo per il paese di Amatrice e i
suoi abitanti. La vita va avanti, forse sempre più o meno uguale per noi, ma
per loro?
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