Voci da mondi diversi. Corea
Cho Nam-Joo, “Kim Ji-Young nata nel 1982”
Ed.
La Tartaruga, trad. F. Bernardini, pagg. 176, Euro 18,00
Cho Nam-Joo, la scrittrice sudcoreana che
ha raggiunto una fama internazionale con il romanzo “Kim Ji-Young nata nel
1982” (è stato tradotto in 18 lingue e ha venduto più di un milione di copie),
è nata nel 1978, solo quattro anni prima della protagonista del libro. Possiamo
facilmente immaginare che l’esperienza di Kim Ji-Young sia stata, almeno in
parte, quella della scrittrice stessa. E l’intenzione di Cho Nam-Joo è quella
di portare all’attenzione la condizione delle donne nella Corea del Sud, la
discriminazione tra donne e uomini in tutti gli ambiti, da quello domestico a
quello del lavoro- ci sorprende un poco, e ci sconvolge, che la scrittrice non
ci dica nulla di nuovo, che la situazione in Corea non è poi diversa dalla
nostra, se solo si vuole essere del tutto onesti e sinceri.
Conosciamo Ji-Young quando già ‘dà i numeri’. Ha una bambina piccola, fa la mamma a tempo pieno, che cosa è rimasto di quello che era lei, la ragazza in carriera di un tempo? e anche se il marito è comprensivo e cerca di aiutarla, la depressione è una malattia che non perdona.
In Corea, come in Cina e- confessiamolo-
anche da noi, soprattutto in certe aree, nascere femmina significa essere
accolte con un sospiro, sperando che il prossimo bambino a nascere in famiglia
sia un maschio. Ji-Young era una secondogenita, dopo di lei sua madre aveva
abortito quella che sarebbe stata una terza bimba, proprio perché era femmina, poi era arrivato l’erede.
Il figlio maschio è sempre privilegiato- a lui spettano i bocconi migliori e piatti più abbondanti. Quando la piccola Ji-Young mette il ditino nel latte in polvere del fratellino (che squisitezza), la nonna la picchia sulle manine. È una disparità di trattamento che andrà avanti per tutta la vita. In famiglia i risparmi servono per far studiare lui, il ‘principe’ di casa. E, quando Ji-Young entra nel mondo del lavoro, la strada è tutta in salita, dalla difficoltà di essere assunta (poco importa se è meglio qualificata per un impiego- un candidato maschio ha sempre la precedenza), alla paga che è diversa, e poi ci si deve difendere da avances poco gradite, si devono sopportare parole denigratorie del tutto gratuite.
Il fidanzato che diventerà il marito Ji-Young è un’ottima persona, un uomo moderno che non richiede di essere servito e collabora nella gestione della casa. Finché, sotto le pressioni dei genitori e dopo averne molto discusso, Ji-Young e il marito decidono di avere un bambino anche se sono ben consapevoli che Ji-Young dovrà restare a casa per badare al piccolo. E l’uomo moderno, ovverossia il marito, si ritrova a fare le stesse considerazioni di tutti gli uomini. Quello che gli sfugge è che, se è pur vero che lui dovrà lavorare di più, non dovrà però rinunciare a niente di sé. E naturalmente, alla nascita di una bimba, Ji-Young deve ascoltare le solite frasi che sono un benvenuto condizionato per la piccola (e poi lei, no, non ha proprio intenzione di riprovarci di nuovo per avere un maschio), prospettare per la figlia un futuro uguale al suo, dire addio ad ogni speranza di riprendersi la sua vita. Un giorno dopo l’altro…
La quotidianità distillata in uno stile
minimale, le piccole difficoltà che si accumulano, la disparità radicata nella
tradizione, l’abisso che si spalanca davanti alla sensazione di impossibilità
di cambiare qualcosa, meglio rifugiarsi in un luogo segreto della mente.
Dal libro è stato tratto un film, non vi
dirà niente che non sappiate, ma leggetelo.
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