Voci da mondi diversi. Russia
la Storia nel romanzo
Guzel’ Jachina, “Figli del Volga”
Ed.
Salani, trad. Claudia Zonghetti, pagg. 510, Euro 19,90
Attendevamo questo secondo romanzo di Guzel’
Jachina, la scrittrice nata a Kazan di cui abbiamo già letto (amandolo molto)
“Zuleika apre gli occhi”. Perché sentivamo la mancanza dei grandi spazi,
dell’afflato epico e dei personaggi così densi della sua narrativa. “Figli del
Volga” non ci delude.
Inizi del Novecento sulle rive del Volga, l’Old Man River della Russia, il grandioso personaggio del romanzo, che scorre immutabile e indifferente a quanto accade sulle sue sponde, da una parte e dall’altra. Sul lato sinistro del Volga avviene la grande Storia, quella dei cambiamenti epocali, della Rivoluzione che vedrà la fine degli Zar. Il lato destro è quasi bucolico, con alberi di meli in fiore, villaggi tranquilli, una quotidianità senza scosse, di stagione in stagione. Su questo lato destro vive una comunità di tedeschi, arrivati su quelle terre dopo gli editti di Caterina la Grande di metà del ‘700 intesi ad aumentare la popolazione con la promessa di auto-amministrazione, libertà di religione, di commercio e di tassazione per un minimo di dieci anni. Ecco perché il protagonista Jakob Bach (e osserviamo il cognome che significa ‘fiume’) viene sempre chiamato con il suo appellativo in tedesco, Schulmeister. Un uomo non aitante, riservato, timido. Uno studioso. Ha sempre insegnato nella scuola del villaggio finché un ricco commerciante dell’altra riva gli chiede di diventare il maestro privato di sua figlia Klara. Vuole che questa impari qualcosa per poterla dare meglio in sposa.
La scena in cui il tremebondo Jakob
attraversa il fiume su una barca governata da un kirghiso che gli incute timore
con il suo aspetto e con il suo mutismo è il simbolo perfetto per il
cambiamento di rotta della vita di Jakob. Le lezioni si svolgono in una maniera
che sembra una parodia degli incontri fra i due sessi. Non solo c’è una vecchia
che fa sempre la guardia mentre fila, ma Klara è nascosta dietro un paravento.
Jakob ne vede solo le dita quando le passa, da sotto, il libro da leggere. E il
libro diventa galeotto, sui margini delle pagine vengono annotati messaggi che
parlano sempre più d’amore. È il caso di dire che l’amore è cieco. Si può
immaginare qualunque cosa schermati da un paravento.
Dobbiamo leggere tra le righe per capire
quali siano i sentimenti dei due quando, infine, coronano il sogno. Di certo
Jakob adorerà Klara tutta la vita, e oltre. E se dapprima odia la bimba che
nascerà (per tutti i dubbi che la circondano, perché è responsabile della fine
di Klara), poi amerà anche lei di un amore generoso, assoluto, forse anche
egoista, di quell’egoismo inteso a riparare l’altro da ogni pericolo privandolo
di ogni esperienza. Intanto la Storia va avanti, all’insaputa di Jakob che,
quando ritorna al villaggio dalla grande casa che era stata del padre di Klara,
è come Rip van Winkle che si sveglia dopo un sonno durato vent’anni.il treno di Stalin
Succedono tante cose nella ventina e più di
anni in cui si svolge “Figli del Volga’. Personaggi veri, come Stalin e Hitler,
fanno capolino nelle pagine insieme ai personaggi inventati, figure che paiono
uscite dal folklore e altre molto realiste, un ragazzino che salta fuori dal
nulla- uno dei tanti orfani della grande carestia che è una sorta di scugnizzo
russo pieno di risorse e che diventerà inseparabile da Klara-, i tedeschi di
Russia usati come pedina di scambio, la collettivazione e la fame, le favole
scritte da Jakob come merce di scambio per una tazza di latte (un piccolo
romanzo dentro il romanzo), le purghe e le guerre. Mentre il Volga scorre, per
mesi interi sotto una lastra di ghiaccio (quel ghiaccio che manterrà il corpo
di Klara come fosse nello stesso tempo Regina delle Nevi e la Bella
Addormentata nel Bosco), imprigionando cadaveri in attesa del disgelo.
Un romanzo grandioso- nella tradizione del
grande romanzo russo, è il caso di dirlo- da leggere.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
La presentazione richiama inevitabilmente "Il placido Don".
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