martedì 27 aprile 2021

Alessandro Robecchi, “Flora” ed. 2021

                                                                    Casa Nostra. Qui Italia

                                                    cento sfumature di giallo

Alessandro Robecchi, “Flora”

Ed. Sellerio, pagg. 365, Euro 15,00

    Siamo affezionati ai personaggi dei romanzi seriali di Alessandro Robecchi, a Carlo Monterossi che ha fatto fortuna ideando lo spettacolo televisivo Crazy Love, alla coppia di investigatori che lo affiancano, alla stravagante Flora che ha stravolto le intenzioni di Carlo trasformando lo spettacolo in uno show sensazionale di pessimo gusto che fa leva sulle curiosità morbose degli spettatori. In Crazy Love le vicende più squallide vengono date in pasto ad un pubblico che si nutre di schifezze.

    Il titolo ce lo dice: Flora è la protagonista del nuovo romanzo, insieme ad un poeta surrealista Robert Desnos, morto a Theresienstadt nel 1945. E’ un accostamento del tutto improbabile, se non fosse che Flora è stata rapita.

È una notizia che getta tutti nello sconcerto. Eppure è vera. Arriva il solito breve filmato che dimostra che Flora è prigioniera e la richiesta di riscatto, molto strana a dire il vero. I rapitori non chiedono solo dieci milioni di euro, ma anche di poter andare in onda per un’ora ad una data fissata.

Robert Desnos

  “Flora” è un anomalo thriller. Anzi, non ha assolutamente niente del romanzo poliziesco o del thriller. Non dubitiamo neppure per un attimo che Flora non sarà uccisa. Conosciamo da subito l’identità dei rapitori, un distinto uomo sulla sessantina, Corrado Straiano, e la commessa di una libreria, Caterina, che hanno preparato accuratamente ogni passo di quello che si propongono e che noi scopriamo a poco a poco, mentre la trama si alterna tra scene in una Milano estiva, semideserta e caldissima, e una Parigi degli anni ‘20 sul cui palcoscenico si muove Robert Desnos, tra genio, grandi amori e sregolatezze.

    Mentre Carlo Monterossi e gli altri personaggi dei precedenti romanzi scoloriscono, acquista risalto una nuova Flora a cui è impossibile negare, seppur prigioniera, i begli abiti a cui è abituata e la parrucchiera personale che l’ha sempre coccolata. Flora sembra essere afflitta dalla sindrome di Stoccolma, si cala perfettamente nel ruolo che le viene richiesto, diventerà la voce del messaggio dei suoi rapitori, si rivelerà una grande attrice nel momento in cui, per un’ora, parlerà di qualcosa che è l’opposto di quanto finora ha proposto ai suoi ascoltatori. E credendo in quello che dice, per di più.


    Il pregio di questo nuovo romanzo sta proprio in questo, nel distruggere, con intelligenza e ironia, lo spettacolo nauseante che va per la maggiore, del genere che ha contribuito ad abbassare le capacità critiche e il gusto degli spettatori, e nel sostituirlo con un altro che propone un messaggio più alto e ben diverso. Va da sé che era un’operazione che poteva essere fatta solo con un colpo di mano, che lo spettacolo doveva essere imposto senza lasciare scelta, che il pubblico doveva essere attirato mettendo in atto gli stessi stratagemmi a cui è abituato, solleticando il suo interesse per il sensazionale, titillando il suo gusto dell’orrore sadico.

    Non posso negare, tuttavia, di essere rimasta delusa, forse perché mi aspettavo tutt’altro da questo romanzo. Ho trovato interessante il contrasto tra la tragedia del passato e la futilità del presente, ma poco approfonditi i nuovi personaggi che rubano la scena a Monterossi e troppo lenta la narrativa.

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