Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
love story
Julie Caplin, “Una tazza di tè con biscotti a Tokyo”Ed.
Newton Compton, trad. A. De Vito, pagg. 352, Euro 9,90
Ultimo giorno del 2020, l’anno che ha reso
impossibile viaggiare se non nei ricordi o virtualmente o nei libri di viaggio.
E io volevo andare a Tokyo, almeno per un giorno. Ecco perché ho acquistato
questo libro che ha addirittura cinque stelle e il cui titolo originale è “The
little tea shop in Tokyo”, migliore di quello italiano perché i biscotti si
addicono di più ad una tazza di Earl Grey che al mitico matcha, il tè verde in
polvere giapponese.
Fiona Hanning ha vinto quindici giorni di soggiorno a Tokyo- dovrà fare delle fotografie per una sua mostra al ritorno. A Tokyo avrà come tutor un famoso fotografo, un vero maestro dell’arte fotografica. E invece sarà Gabriel Burnett ad incontrarla all’aeroporto. E Fiona si sente morire dall’imbarazzo- dieci anni prima, quando lei aveva solo diciotto anni, lui era il suo insegnante, così bello che tutte le ragazze ne erano innamorate. Ma era stata Fiona a baciarlo, di sorpresa. Le conseguenze…Fiona arrossiva a pensarci. Per fortuna, però, è chiaro che Gabriel dagli occhi blu non la riconosce.
E altrettanto chiaro fin dall’inizio che
Fiona conquisterà il bel Gabriel di cui lei è sempre innamorata. Perché lei si
sente goffa, imponente, con un collo da giraffa (come le dice la terribile
madre che la importuna con continui lamentosi messaggi sul cellulare), quanto
mai diversa dalla musa giapponese di Gabriel, Yumi leggiadra come una silfide
che ha sposato un altro e accampa ancora pretese sull’amante precedente. E’
Gabriel a far fiorire Fiona e a darle sicurezza, gloriando la sua massa di
capelli di oro rosso, grato per il suo entusiasmo che lo tira fuori dall’apatia
e dal cinismo.
La storia d’amore è, tuttavia, banale, scontata, piuttosto melensa nella sua prevedibilità, un mix del brutto anatroccolo che diventa un cigno e del rospo che si trasforma in un principe.
Le pagine in cui Fiona esplora Tokyo piacciono per la sua reazione da turista impreparata che resta colpita dalla duplice anima del Giappone- quella delle luci rutilanti di Shibuya e quella austera e spirituale in cui si entra passando sotto l’imponente torji di legno del santuario di Meji. In quindici giorni Fiona fa tutte le tappe giudicate essenziali da qualunque guida turistica, sale in cima allo Sky-tree, cammina nel parco di Ueno e ammira la fioritura dei ciliegi (‘fare hanami’, si dice in Giappone), si gode la vista del Fuji (fortunata lei, a vederlo con la cima libera da nubi, non è per tutti), si immerge nell’acqua di un onsen (le terme giapponesi, e per sua fortuna Fiona non ha alcun tatuaggio sul corpo, altrimenti non potrebbe entrare- i tatuaggi sono associati con la Yakuza, la mafia locale), e naturalmente assaggia tutte le specialità, dalla tempura al sushi, dal ramen agli yakitori. E poi ha il privilegio di essere ospitata proprio da una maestra del tè e di assistere ad una cerimonia del tè, indossando anche un kimono che la sua ospite le ha imprestato.
L’unica parte originale del romanzo è
l’occhio fotografico su Tokyo, il terzo occhio con cui Fiona va oltre agli
stereotipi cogliendo l’attimo unico e speciale, come nella fotografia che
ritrae un bambino che alza gli occhi verso l’alto per vedere il torji,
soggiogato dalla maestosità semplice di quell’ingresso che riassume in sé la
cultura del wabi sabi, della bellezza
discreta e imperfetta.
Sesto romanzo di una serie di libri che
propongono una fuga romantica dalla realtà quotidiana, il libro di Julie Caplin
offre proprio questo- amore ed esotismo, niente di impegnativo per una lettura
veloce.
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