Casa Nostra. Qui Italia
saga
Daniela Raimondi, “La casa sull’argine”Ed. Nord, pagg. 400, Euro
20,00
“È
per colpa di una zingara se la famiglia si è imbastardita”. Un incipit che inchioda l'attenzione. Il nome
di un paese, Stellata, tra Lombardia, Emilia e Veneto, che fa balenare lo
scintillio delle stelle. Un trisavolo, Giacomo Casadio (tutti con un certo fascino,
i nomi dei personaggi di questo romanzo), con occhi azzurri, carnagione e
capelli chiari. Una zingara, Viollca, il suo esatto opposto, scura con occhi e
carattere di fuoco- un'attrazione fatale.
Ecco tutti gli elementi giusti per
impostare un romanzo che ci tiene avvinti per 400 pagine con la storia dei
Casadio, generazione dopo generazione, per due secoli di guerre, di pace, di
cambiamenti, di difficoltà, di progressi per una famiglia e per l'Italia.
Quello spunto iniziale, di unire un uomo sognatore con una donna concreta e pratica, serve da linea-guida per tutto il romanzo, perché i discendenti erediteranno i geni dell'uno o dell'altra: i sognatori dagli occhi cerulei saranno sempre visti con sospetto- si sa che sono inconcludenti o, peggio ancora, si lasciano trascinare da utopie che possono risultare pericolose; i mori dagli occhi di carbone saranno quelli che avranno un sesto senso, premonizioni strane, sogni anticipatori, come avessero una memoria genetica dell'antenata zingara che faceva i tarocchi.
Fanno sempre tanti figli, i Casadio, come
tutti a quell’epoca. Quando Neve, andata sposa giovanissima perché incinta,
stremata dalle maternità con ricorrenza annuale, deciderà che è ora di dire
basta, non avrà soluzione che chiudere a chiave la porta della camera da letto.
E il marito cercherà soddisfazione altrove.
La narrazione procede a salti di anni e di generazioni,
indugiando a tutte le tappe più importanti della nostra Storia, dalle
spedizioni di Garibaldi alla prima e alla seconda guerra mondiale, alla
terribile piena del Po del 1951.
C’è una puntata in una piantagione di caffè in Brasile, quando una Casadio accetta un matrimonio alla cieca per allontanarsi da un uomo che ama ma che non può sposare e, agli inizi degli anni che porteranno ad un maggiore benessere economico, due Casadio si allontanano dalla casa sull'argine per cercare lavoro a Viggiù. Leggiamo le cronache di dettagli e novità che fanno parte dei nostri ricordi, canzoni dell'epoca, la prima lavatrice e le due cugine, una bionda e una mora, prenderanno strade diverse. Sono gli anni di piombo, la mora, che ha ereditato il sangue focoso degli zingari e gli occhi azzurri dei sognatori, si unirà alla lotta armata- le conseguenze saranno drammatiche.
La casa sull'argine che dà il titolo al
libro è il cuore della famiglia. Eppure, stranamente, non ha una vita propria
come avviene così spesso nei romanzi inglesi, si anima solo alla fine, come se
raccogliesse le forze per un ultimo saluto, per un ultimo respiro, quando viene
svuotata di tutti i mobili per essere venduta. A Norma Casadio resta in mano,
di tutte quelle persone, di tutte quelle vite, una scatola da scarpe piena di
santini- una bella usanza andata persa, le immaginette con la foto del defunto
ad eterna memoria.
Se la voce della casa sentinella sul fiume è debole, non lo è affatto quella del Po che, invece, si fa sentire possente in tutto il romanzo. Scorre maestoso, tranquillo, minaccioso, sempre presente nel bene nel male, come un'antica divinità.
Forse c'è un po' troppo nel romanzo di
Daniela Raimondi, perché non è certamente facile tratteggiare un ritratto
dell'Italia e condensare la storia di una famiglia nell'arco di duecento anni
in un numero ragionevole di pagine, senza perdersi, senza appesantire il
racconto. La scrittura, però, è così scorrevole che ci trascina, proprio l’onda
del fiume, e, se confondiamo i vari personaggi, ci resta però bene in mente il
ricordo dei Casadio dal duplice carattere.
Grazie per questa recensione accurata del mio romanzo.
RispondiEliminaGrazie a Lei per averci offerto una bella lettura.
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