martedì 5 novembre 2019

Inge Sargent, “Il tramonto birmano” ed. 2016

                                                Voci da mondi diversi. Area germanica
                                                 Voci da mondi diversi. Asia
  romanzo storico

Inge Sargent, “Il tramonto birmano”
Ed. add, trad. M. Emo e P. D’Ortona, pagg. 283, Euro 18,00   

       2 marzo 1962. Centinaia di soldati birmani circondano East Haw, la residenza del principe Sao Kya Seng e della sua famiglia. Il generale Ne Win aveva appena effettuato un colpo di stato instaurando la dittatura che metteva fine al governo indipendente dello Shan, piccolo stato nord-occidentale della Birmania con una sua propria etnia. Sao Kya Seng non era a East Haw. Era andato a Taungyi a far visita alla sorella ammalata, sarebbe dovuto essere sulla via del ritorno. Sua moglie, la Mahadevi, non sapeva ancora che era stato arrestato e che, forse, era stato ucciso subito, senza neppure venire incarcerato. Quella che leggiamo è la sua storia, scritta dalla moglie, l’austriaca Inge Eberhard a cui era stato dato il nome shan di Thusandi e che era poi diventata Mahadevi- Principessa Celeste.

      La storia d’amore di Inge e Sao anticipa quella, per certi versi così simile anche nella sua drammaticità, di Sonia e Rajiv Gandhi. L’italiana Sonia e il figlio di Indira Gandhi si erano conosciuti in Inghilterra dove entrambi stavano studiando, Inge e Sao si conobbero a Denver, in Colorado, dove il principe Sao era andato dopo la guerra a studiare ingegneria mineraria. A differenza di Sonia, però, Inge non sapeva chi fosse in realtà l’uomo gentile che aveva sposato. E si stupì della folla festosa che li accolse a Yangoon, dove arrivarono nel 1954, dopo il matrimonio celebrato un anno prima in America. Non poteva neppure sapere che la felicità sarebbe durata meno di dieci anni.

     Il racconto di Inge Sargent (il cognome del secondo marito, sposato nel 1968) si alterna tra i ricordi degli anni passati insieme a Sao e il presente. Il passato è soffuso di un colore dorato come quello delle cupole delle pagode birmane, brilla della luce di un felice accordo di coppia, si illumina alle varie tappe della scoperta di un paese bellissimo a fianco di un uomo che si prefigge di migliorare le condizioni di vita della sua gente portando cambiamenti radicali ad un sistema di governo semi-feudale- quello di Sao è un governo generoso e Inge/Thusandi fa la sua parte mettendo in piedi un piccolo ospedale per le donne, perché possano partorire in condizioni migliori. L’oro delle cupole non basta a dar luce al presente su cui pesa l’angoscia per non sapere quale sia stata la sorte di Sao, si spegne anche lo splendore della natura e il colore è cupo. Inge vuole immaginare che il marito sia tenuto prigioniero ma in realtà non si è mai saputo nulla- il massimo della crudeltà di tutte le dittature che, non ammettendone neppure l’arresto, cancellano l’esistenza stessa del loro prigioniero. Si era voluto vendicare il generale Ne Win con cui Sao si era rifiutato di collaborare perché era contro i suoi principi? Prima che la lunga mano del generale arrivi a ghermire Inge e le due principessine, lei decide di obbedire a quanto le aveva detto il marito di fare, in caso di pericolo. E riesce a fuggire all’estero. Inge Sargent non ha mai ricevuto risposta alla lettera che ogni anno invia al governo birmano chiedendo spiegazioni su quanto successo al marito.

     “Il tramonto birmano” ha un suo fascino tutto particolare, pur non avendo grandi meriti stilistici. E’ un libro di Storia che ci racconta di tragici eventi lontani nello spazio e nel tempo di cui, all’epoca, avremo letto solo qualche breve articolo sui giornali; è una storia di amore, tanto più grande perché in grado di superare le difficoltà dell’incontro tra due culture; è, infine, un libro-compagno-di-viaggio per chiunque vada in Myanmar perché ci dice tanto della sua gente, del suo folklore, del suo paesaggio.

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1 commento:

  1. Beh se vai in Birmania ora e alquanto imprudente parlare in giro di questo argomento

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