Voci da mondi diversi. Francia
Marc Jeanson, Charlotte Fauve, “Il botanista”
Ed. Corbaccio, trad. Maddalena
Togliani Fessart, pagg. 211, Euro 16,00
Erbario: foglie infilate tra due
fogli.
È questo l’esergo de “Il botanista”
di Marc Jeanson e Charlotte Fauve. Ma no, non è così semplice. Non è
sufficiente pensare ad un raccoglitore con esemplari di foglie e fiori pressati
tra due pagine. Pensiamo in grande. Pensiamo all’Erbario del Museo Nazionale di
Storia Naturale di Parigi, il più grande del mondo, dove sono conservati otto
milioni di esemplari. Da rimanere storditi. Affascinati. Perché entriamo,
perché iniziamo a leggere il libro di Marc Jeanson (dal 2013 responsabile
dell’Erbario del Museo) ed è come se varcassimo la soglia di un altro mondo
lasciandoci alle spalle quello della tecnologia, del frastuono e delle
chiacchiere futili.
Sono un inventore di piante-
così si presenta Marc Jeanson quando ci racconta di come abbia trovato una
palma nella giungla urbana di New York e di come lui le abbia dato un nome, Caryota
angustifolia Zumaidar & Jeanson: sembra di sentire l’orgoglio nella
voce di un neo-padre che presenta il figlioletto.
I suoi predecessori, tutti i
grandi botanisti di cui ci racconterà la storia nelle pagine del suo libro, hanno
fatto come lui- uomini avventurosi (perché partire per mete lontane era
veramente un’avventura nel 1700 e nel 1800) spinti dalla passione verde che non
si fermavano davanti alle difficoltà di lunghi viaggi per mare, di incontri con
popolazioni diffidenti ed ostili, di incomunicabilità linguistiche, di
malattie, di preservare intatto- infine- il bottino di semi ed esemplari che
avevano raccolto. Questa è una maniera diversa di considerare la Storia, di
studiare gli scambi di civiltà e i progressi della scienza da un’angolatura del
tutto particolare: le migliaia di piante essiccate (ad oggi sono state censite
400.000 specie di piante, erano solo qualche migliaio nel secolo XVI)
contribuiscono alla memoria del mondo. Sappiamo tutto delle guerre dell’oppio in
Oriente, ma chi sapeva che erano stati i mercanti occidentali a introdurre in
Cina i semi del papavero bianco per ingraziarsi l’Imperatore ed ottenerne il
permesso di esportare la flora cinese?
Tournefort, Adanson, Lamarck, Pierre Poivre, Mercurin, Aymonin e poi il
grande Linneo, naturalmente: Jeanson tira fuori dall’oblio i nomi di questi
grandi botanisti e ce ne racconta le imprese con qualche aneddoto divertente,
mescolando la storia della loro vita e delle loro scoperte con quella della sua
propria vita, del suo primo viaggio in Senegal quando era uno studente liceale
e di come fosse tornato con il desiderio di ripartire e del perché avesse
deciso di diventare un palmologo.
Esiste un complesso di Tarzan ed è quello di essere sempre circondato dal
verde delle piante: ci sembra di vedere la stanza dello scrittore a New York
invasa dalle piante, come ci sembra di vedere l’immagine grandiosa di una
Parigi in cui, dopo che il livello della Senna si è alzato e l’acqua ha
raggiunto l’Herbier facendolo germinare, un gigantesco Moabi dell’Africa esce
dal tetto del Museo, allunga le sue foglie sopra i tetti della città, fa
concorrenza con Nôtre Dame.
Charlotte Fauve |
La controparte di questo verde
entusiasmo contagioso è la sensazione di impotenza che si prova davanti allo
scempio che è stato fatto dall’uomo nei templi vegetali- oggi ci sono solo
frammenti della foresta atlantica in Brasile, le piantagioni di eucalipto sono
un fantasma smorto della selva di un tempo, nelle isole Mauritius le
conseguenze ambientali della scomparsa della foresta sono l’abbassamento della
pluviometria e il rischio di carestia.
Eppure Marc Jeanson è un ottimista. Pensa che sia inutile prevedere un
avvenire catastrofico. Ha visto rifiorire le piante, continueranno a
germogliare nonostante tutto. “Tra cinque milioni di anni il sole si
trasformerà in nebulosa. Allora, forse, sarà la fine delle piante”. Non ci
tocca, non dobbiamo preoccuparci.
È impossibile leggere “Il botanista” senza essere stuzzicati e
incuriositi e anche, sì, divertiti. Impossibile non fare ricorso a google per
vedere- noi che non abbiamo nessun erbario sotto mano- le piante e i fiori di
cui ci parla Jeanson. Impossibile non fissare come meta una visita all’Herbier
di Parigi, quando ci capiterà di visitare la capitale francese.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
la recensione e l'intervista che seguirà a breve saranno pubblicate su www.stradanove.it
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