Casa Nostra. Qui Italia
premio Strega Giovani
Marco Missiroli, “Fedeltà”
Ed. Einaudi, pagg. 224, Euro 16,15
Una coppia che pare solida e affiatata. Lui, Carlo, insegna letteratura
per sei ore all’Università (posto che ha avuto grazie alla spinta del padre) e
scrive guide turistiche per una piccola casa editrice. Lei, Margherita, lavora
in un’agenzia immobiliare. Poi quello che tra di loro viene chiamato ‘il
malinteso’: una matricola ha sorpreso Carlo nei bagni femminili in
atteggiamento compromettente con una sua studentessa, Sofia. Carlo si
giustifica davanti al rettore e alla moglie, spiega che la ragazza si era
sentita male, aveva avuto uno svenimento e lui l’aveva soccorsa. Sofia
conferma. E’ stato tutto un malinteso. Davvero è stato un malinteso?
Il romanzo di Marco Missiroli, “Fedeltà”, che ha vinto il premio Strega
Giovani, si gioca tutto qui, su esplorare i limiti tra fedeltà e infedeltà, sul
vagliare le varie accezioni di fedeltà oltre a quella più scontata tra marito e
moglie. Che è la prima che prendiamo in esame, in questo libro che, se si
limitasse ad essere la trita storia del professore che seduce la studentessa,
sarebbe veramente l’ennesima ripetizione del tema di ‘quel romanzo…il
sudafricano’, il Nobel’ di cui parla Margherita (intendendo Coetzee, citando
anche “Lolita” di Nabokov con cui invece non ha nulla a che fare, mentre
avrebbe potuto accennare a Roth). Non è successo veramente niente tra Carlo e
Sofia e forse sarebbe stato meglio se invece fossero andati a letto insieme e
lei non fosse rimasta per lui l’idea della tentazione. E forse non avrebbe
inanellato una serie di altre dimenticabili infedeltà senza sapere che anche
Margherita, solleticata e delusa per la presunta avventura del marito, si
sarebbe concessa una deviazione.
Le altre coppie, gli altri personaggi, servono da contrappunto, una
ripetizione del tema della fedeltà, per somiglianza o differenza. Le coppie dei
genitori- di Margherita, di Carlo, di Sofia, del fisioterapista Andrea con cui
Margherita si è presa una breve soddisfazione- sono esemplari di un’altra epoca
in cui c’erano ben altre preoccupazioni. Probabile che i mariti avessero
qualche scappatella (il padre di Margherita aveva conservato ventun cartoline a
lui inviate da una sconosciuta ‘Clara’), ma le mogli o non sapevano o fingevano
di non sapere. “Sui matrimoni ci adattavamo”, dice Anna, la madre di Margherita.
E poi, vogliamo chiamare ‘fedeltà’ anche il legame tra figli e genitori?
L’affetto con cui Margherita, Andrea e anche Sofia si occupano dei genitori
restituendo loro quello che hanno ricevuto, è ammirevole. In un certo senso è
per fedeltà alle radici se Sofia torna a vivere a Rimini e riapre il negozio di
ferramenta del padre, mettendosi dietro al banco con quello che era il
grembiule blu della madre.
Nessuno dei personaggi del romanzo è particolarmente simpatico, nessuno
è memorabile- non l’inconcludente Carlo, non Margherita disposta a imbrogliare
per aggiudicarsi l’appartamento pieno di luce messo in vendita da una cliente,
non il fisioterapista gay che ha bisogno di sfogarsi con i combattimenti dei
cani o scontri di boxe, non la pallida figura di Sofia che è infedele a se
stessa e alle sue ambizioni letterarie per essere fedele alla tradizione.
Soltanto Anna, che faceva la sarta, che una volta aveva riparato all’ultimo
minuto un abito da sera per la moglie del Commendatore, che si rifà dell’infedeltà
del marito pigiando le 21 cartoline dentro il vaso dei fiori sulla sua tomba, è
un personaggio che amiamo e di cui attendiamo l’entrata in scena. Per la sua
empatia- con la figlia, con il genero, con il nipotino, con tutti-, per la sua
disponibilità, per il suo calore umano, la sua schiettezza. Non è sufficiente,
però, a salvare il libro.
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foto di V. Vasi |
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