vento del Nord
Majgull Axelsson, “La tua vita e la mia”
Ed. Iperborea, trad. Laura Cangemi,
pagg. 343, Euro 18,50
Una famiglia disfunzionale. E’ così che
l’amica Kajsa definisce la famiglia di Mägrit. Kajsa che finirà per sposare Jonas, il gemello di Mägrit, che
ha una famiglia che non è neppure disfunzionale, semplicemente non esiste,
visto che non si sa chi sia suo padre e sua madre entra ed esce dall’ospedale
psichiatrico. Mägrit, invece, vive con i genitori, i
nonni e i due fratelli. Ma. Il fratello maggiore è chiamato con scherno ‘Lars
lo Zoppo’ (non era zoppo per niente), lo Svitato, lo Sgorbio- oggi sarebbe
riconosciuto come autistico. Perfino i nonni si rivolgono a lui con pesante
disprezzo. D’altra parte la nonna ha occhi solo per Jonas, Mägrit è la preferita
del padre, solo la mamma ha a cuore la sorte del figlio infelice, ha tempo solo
per lui, per gestire le sue urla che esprimono necessità che soltanto lei
capisce. Il nonno, infine, è un bifolco spadroneggiante che non è capace di
infilare tre parole senza che una sia un’imprecazione. Quando la mamma muore
all’improvviso per un aneurisma, è la fine. Come si fa a far capire a Lars che
la mamma non c’è più? il nonno è capace solamente di chiudere il nipote nel
gabinetto. Finché viene portato via a forza. Dove? Nessuno parla più di lui in
casa, vietato fare il suo nome. La vita va avanti come se Lars non fosse mai
esistito.
Dopo “Io non mi chiamo Miriam” in cui la
protagonista di etnia rom aveva vissuto con un’altra identità dopo essere
sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, Majgull Axelsson ci regala un
altro bellissimo romanzo con personaggi indimenticabili, affrontando un
problema di cui si preferisce non parlare, scoperchiando i segreti neri della
società svedese ritenuta una utopistica società di uguaglianza e benessere
generalizzato. E invece, negli anni ‘60 esistevano ancora posti come Vipeholm
(vogliamo chiamarli manicomi?) dove gli internati, persone con disturbi della
personalità di vario livello, erano trattati con metodi coercitivi e disumani,
su di loro venivano fatti esperimenti medici di gravità solo di poco inferiore
a quelli tristemente noti dei nazisti, e i loro cadaveri, infine, offrivano
materiale per le prove di dissezionamento degli studenti di medicina. Chi mai
avrebbe protestato per conto loro? Questo è il nodo centrale del libro, la
denuncia dolorosa che sottende il testo narrativo in cui Mägrit, ex
giornalista di successo, vedova, con una figlia e una nipotina, ritorna a casa,
a Norrköping, per festeggiare il settantesimo compleanno suo e del gemello
Jonas. In realtà i gemelli erano tre, c’era anche l’Altra, nata con il cordone
ombelicale attorno al collo e morta subito. Colpa di Jonas, prepotente prima di
nascere, prepotente e crudele dopo. Mentre l’Altra diventa un singolare
espediente narrativo per sdoppiare Mägrit- dell’Altra è la seconda voce che
ironizza, controbatte, ricorda quando Mägrit vorrebbe sottrarsi ai ricordi,
accusa, costringe Mägrit ad essere onesta con se stessa
quando Mägrit vorrebbe accusare l’Altra per azioni commesse, per la Grande
Colpa di cui condivide il segreto con Kajsa e di cui non hanno mai parlato. E
neppure ne parleranno ora dopo cinquantun anni.
“Sono una giovane persona anziana che non
diventerà una vecchia persona anziana prima di altri dieci anni”, dice Mägrit di se
stessa, mentre il tempo si alterna tra passato e presente, quale esperienza
traumatizzante l’abbia fatta rinunciare agli studi di medicina e, prima ancora,
la morte della mamma, la festa del diploma e quello che era successo subito
dopo (con un Jonas che aveva assistito impassibile), la ricerca di Lars, lo
sconvolgimento provato quando lo aveva trovato e quello ancora maggiore quando
si era resa conto che le sue condizioni non interessavano a nessuno in
famiglia, neppure a quel debole di suo padre che ormai viveva compiangendosi
nel ricordo della moglie. Oggi, quando Mägrit, mentre sta andando a Norrköping
per la festa di compleanno, scende dal treno a Lund e si fa portare a Vipeholm, tutto è cambiato, c’è una scuola
dove una volta c’era il manicomio, una fossa comune per i disgraziati che sono
morti. Il passato è stato cancellato.
Un libro doloroso che ci tocca nel
profondo, perché quel passato è ancora nel presente che viviamo, forse non
nelle stesse forme crude ma nella discriminazione attuata verso chi è
‘diverso’, nella mancanza di comprensione verso chi elabora i dati della realtà
in modo differente, nella chiusura sociale nei confronti di chi ha bisogno di
aiuto.
Da leggere.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
Nessun commento:
Posta un commento