Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Julian Barnes, “Guardando il sole”
Ed. Einaudi, trad. D. Fargione, pagg.
232, Euro 19,50
Non è il protagonista, il pilota di
aerei Thomas Prosser che appare nelle prime pagine del libro di Julian Barnes
“Guardando il sole”, pubblicato per la prima volta nel 1986. E tuttavia
riapparirà più volte nei ricordi di Jean Serjeant, la vera protagonista del
libro che aveva conosciuto Prosser nel 1941, quando questi era stato ospite in
casa loro, congedato dall’esercito. Il suo soprannome era Alba Due Prosser- e
perché lo chiamassero così è uno dei fili conduttori del libro. Di ritorno da
una missione notturna Prosser aveva visto il sole sorgere dal mare e poi,
scendendo a quota 8000 metri, aveva visto una seconda alba, lo stesso sole
sorgere una seconda volta. Ecco, può succedere anche questo, la perfezione si
può ripetere, la magia può entrare nelle nostre vite anche con qualcosa che
accade ogni giorno. Basta guardare in alto e semmai sbirciare il sole tra le
dita.
Dal 1941, quando Jean è giovane, con dei flash back di lei bambina
insieme allo zio mattacchione Leslie, ad un futuro in cui Jean è centenaria e
abita insieme al figlio, seguiamo la sua vita, un’esistenza del tutto normale
di una persona normale, quasi scialba, che però è curiosa e non cessa mai di
farsi domande. Da quelle più assurde, come- che ne è stato dei panini che
Lindbergh non ha mangiato durante il volo transatlantico?, esiste un museo del
panino?, oppure, perché i visoni lottano strenuamente contro la morte?-, ad
altre che riguardano la sua vita di donna (‘e se fossi tu, ad essere
difettoso?’, chiede al marito) e poi, con il passare degli anni, le domande
diventano esistenziali, sulla morte, sull’aldilà, sull’esistenza di Dio. Non ci
sono risposte- la vita è così, enigmatica, e però è importante continuare a
chiedersi i perché, anche se nessuna risposta ci viene data.
Jean non è bella, è ingenua, ignora tutto del sesso di cui cerca di
imparare i segreti leggendo un manuale che le viene regalato e che la lascia
perfino più perplessa con le sue buffe circonlocuzioni. Si sposa con il primo
uomo che la corteggia e che lei pensa di amare (che cosa è l’amore?), i suoi
goffi tentativi di inserirsi un diaframma ci fanno sorridere con una stretta al
cuore e, quando il marito le attribuisce la colpa per un figlio che non arriva,
la misura è colma. Il matrimonio infelice di Jean dura vent’anni. E poi questa
donna ‘senza qualità’ decide che ne ha avuto abbastanza. Lascia il marito e
crescerò da sola il bambino arrivato quando ormai sembrava impossibile.
Ci piace la scansione della vita di Jean nel romanzo di Julian Barnes-
la fanciullezza e l’adorazione per uno zio che si rivela un bluff, il
matrimonio (grandi speranze e delusione), gli anni centrali della lotta per
tirare su un figlio come madre single, la maturità con lo spalancarsi delle
porte dei viaggi alla scoperta delle sette meraviglie del mondo (e ad altre
domande senza risposta) e il ventilarsi della possibilità di un amore diverso,
con una donna, ed infine la vecchiaia con una completa lucidità (per sua
fortuna). Curiosa, questa parte finale (anche se un poco appesantita dalla
ricerca delle prove dell’esistenza di Dio) in cui si anticipa la presenza di un
Uomo Memoria (il moderno computer) a cui si possono rivolgere tutte le domande.
Che però restano spesso, ugualmente, senza risposta.
“Guardando il sole” non raggiunge la perfezione dei romanzi più recenti
di Julian Barnes, dello splendido “Il senso di una fine” o dell’altrettanto
splendido “Il rumore del tempo”, e tuttavia è un libro che si legge d’un fiato
perché Jean (interessante che sia la ‘creatura’ di uno scrittore uomo) ci fa
tenerezza con le sue incertezze e la sua scarsa fiducia in se stessa, ci piace
per la sua pacata combattività in una società ancora molto maschilista, per
come riesce ad affermarsi ‘crescendo’ in tutti i sensi.
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