Vento del Nord
i nostri tempi
Tommy Wieringa, “La morte di Murat Idrissi”
Ed. Iperborea, trad. Elisabetta
Svaluto Moreolo, pagg.124, Euro 15,00
Ilham. Thouraya. Murat Idrissi. Due ragazze e un ragazzo. Sono i
protagonisti del breve e intenso romanzo dello scrittore olandese Tommy
Wieringa. Il ragazzo è l’unico di cui conosciamo nome e cognome, forse perché è
necessario per ricordarlo da morto. Peccato che Murat Idrissi non avrà nessuna
tomba e nessuna lapide su cui scrivere il suo nome e il suo cognome. Sono tutti
e tre marocchini (gli immigrati per eccellenza), le due ragazze, però, sono
nate in Olanda: sono stati i loro genitori a percorrere il cammino della
speranza, ad attraversare lo stretto di Gibilterra, a trapiantarsi in un paese
straniero in cui sarebbero sempre stati stranieri guardati con sospetto e di
cui avrebbero imparato una lingua di sopravvivenza. Di Murat Idrissi, prima che
scompaia nascosto nel bagagliaio dell’auto noleggiata dalle ragazze, sappiamo
che ha diciannove anni, occhi scuri, i denti rovinati, che spera di guadagnare
trasportando carichi pesanti. Ilham e Thouraya sono andate in vacanza a fare un
giro del Marocco, hanno incontrato per caso il ragazzo che le ha presentate a
Murat Idrissi, che le ha assicurate che non c’era nessun pericolo a dargli un
passaggio clandestino- quanti altri sono emigrati in questa maniera? Loro sono
incerte, si lasciano convincere, dalla cifra che viene loro offerta, dalla
compassione che provano, dal desiderio di dare ad un loro coetaneo una
possibilità di quella vita diversa che loro hanno avuto. Soltanto che Murat
Idrissi muore soffocato nel bagagliaio dell’auto, il ragazzo che ha fatto da
tramite scompare, Ilham e Thouraya si ritrovano con un cadavere e senza soldi,
2460 km. davanti, fino a Rotterdam.
Questo non è il primo romanzo di ‘viaggio con cadavere’ che leggiamo. Pensiamo a
Faulkner, ai figli che trasportano il corpo della madre per essere sepolto a Jefferson
in “Mentre morivo”, a “Ultimo giro” di Graham Swift, con gli amici che hanno
promesso al morto di disperdere le sue ceneri in mare. E il tema doloroso e
scottante dei migranti non è nuovo a Tommy Wieringa che ne ha già parlato in
“Questi sono i nomi” (vincitore del Libris,
il più alto riconoscimento letterario in Olanda). Anche “La morte di Murat
Idrissi” è bello quanto “Questo sono i nomi”- più compatto, più pregnante nella
sua brevità, più paradossalmente poetico mentre l’automobile avanza prima lungo
la costa della Spagna meridionale, fitta di cittadine e di spiagge affollate, e
poi nell’assolata, incandescente e arida Meseta. Paradossalmente poetico perché
è ancora estate e di certo non c’è nulla di poetico nel tanfo crescente che
invade l’automobile. Eppure questo è un contrasto altamente drammatico. Da una
parte le ragazze- più bella, disinvolta al punto di essere sfrontata quella
alla guida, più pavida e meno sicura di sé l’amica. Dall’altra parte il ragazzo
nel bagagliaio. La vita che spera nel futuro e la morte che ha privato il
ragazzo di un futuro che sperava migliore di quello che avrebbe avuto nella
baraccopoli dove sua madre sembrava sua nonna. La ragazza che non si fa
scrupoli di godere tra le braccia di un giovane che le ha avvicinate ad una
sosta e di rubargli il portafoglio (con il pieno di benzina iniziale potrebbero
fare solo 733 chilometri) e il ragazzo sempre più morto (sua madre non ne saprà
mai nulla).
E intanto, con brevi flash, apprendiamo come è stata e come è la vita
delle due amiche in Olanda- è il paese in cui sono nate ma nessuno le considera
olandesi e, tuttavia, non avevano riconosciuto il Marocco come ‘loro’, come
terra di loro appartenenza. Sarebbero riuscite a distaccarsi dai modelli
femminili che venivano loro imposti? A che prezzo? Sarebbe stato più facile per
loro adeguarsi?
“La morte di Murat Idrissi” è una storia possibile, una delle tante,
delle troppe storie che non sappiamo. Quanti Murat Idrissi sono morti senza
degna sepoltura, senza che noi ci commuovessimo (ma la pietà non è sufficiente)
o facessimo qualcosa per impedire che il numero aumentasse?
Da leggere.
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