Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America/India
cento sfumature di giallo
Sujata Massey, “Le vedove di
Malabar Hill”
Ed.
Neri Pozza, trad. Laura Prandino, pagg. 442, Euro 18,00
Bombay 1921. La ventitreenne Perveen
Mistry lavora nello studio legale del padre, un insigne avvocato. I Mistry sono
una famiglia parsi, seguace di Zoroastro e di origine iraniana. Perveen, con
una laurea in legge a Oxford, oltre ad avere la funzione di procuratore legale,
affianca il padre come segretaria, traduttrice e contabile- lei stessa non può
apparire in tribunale, la legge indiana non ha ancora aperto questa strada alle
donne. Eppure, come si vedrà in questo primo romanzo di una serie che promette
di essere intrigante, proprio il suo essere donna le permetterà di avvicinare e
mettersi al servizio di donne che non avrebbero altrimenti possibilità di
comunicazione e di difesa.
La vicenda sembra iniziare come un caso
legale. Lo studio Mistry deve occuparsi dell’esecuzione testamentaria di un
cliente musulmano che ha lasciato tre vedove. Le tre mogli sono purdanashin, cioè vivono in totale
isolamento: l’unico uomo che poteva vederle era il marito, con gli altri
possono parlare solo attraverso il jali,
la grata di marmo o di ferro che le protegge dagli sguardi maschili. Studiando
i documenti Perveen si insospettisce: è possibile- come dice una lettera scritta
in inglese dall’amministratore dei beni
di famiglia- che le tre vedove siano tutte consenzienti a rinunciare alla
rendita che spetta loro a favore di un fondo di beneficienza? Come faranno a
mantenersi, dopo? Anche le firme delle donne sono sospette, considerando che,
in un documento precedente, una delle tre aveva firmato con una croce. Ecco
perché viene utile che Perveen sia l’unica donna avvocato di Bombay, l’unica
che possa essere ammessa alla presenza delle vedove di Malabar Hill. Poco dopo
il primo incontro, però, e dopo il primo ‘scontro’ con lo sgradevole e
prepotente amministratore, è la stessa Perveen a trovare il corpo senza vita di
quest’ultimo: Mr. Mukri è stato ucciso con uno stiletto.
Originale, coinvolgente, intelligente e
interessante- “Le vedove di Malabar Hill” di Sujata Massey (padre indiano,
madre tedesca, nata in Inghilterra ed emigrata negli Stati Uniti con la
famiglia all’età di cinque anni) è tutto questo. Perché ci sono in realtà due
storie, entrambe ricche di suspense, nel romanzo. Una è quella delle vedove di
Malabar Hill e abbiamo il privilegio di entrare con Perveen nello zenana, le stanze riservate alle donne
che osservano il purdah, di
constatare con stupore quanto poco sappiano le purdanashin del mondo esterno e di cercare di capire le correnti di
gelosia e di rivalità nel dover dividere le attenzioni del marito. In una
bambina, figlia della prima moglie, nel suo desiderio di parlare inglese e
nella sua curiosità vivace avvertiamo la fine non lontana di questa clausura
così limitante e mortificante per le donne.
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L’altra storia è quella personale di
Perveen- è raccontata in capitoli che portano la data del 1917. E’ una storia
minore ma altrettanto importante- una Perveen diciannovenne che ha abbandonato
la facoltà di legge perché vittima di pesanti scherzi da parte dei compagni
(tutti uomini, Perveen è stata ammessa alla frequenza grazie alla posizione del
padre) si innamora del cugino di un’amica. Sembra un amore senza speranza. In
India sono i genitori che combinano i matrimoni, il fratello maggiore di
Perveen deve sposarsi prima di lei, Cyrus Sodawalla è di Calcutta, ci vorrebbe
tempo per raccogliere informazioni sulla sua famiglia. A suo favore che sia un
parsi, come Perveen. L’amore è cieco, i genitori acconsentono, la storia di
questi Romeo e Giulietta sembra avere un finale felice con il fastoso
matrimonio a Calcutta. Ma…
La vicenda di Perveen e Cyrus ci svela un
altro mondo chiuso di un’arretratezza impensabile. La stanzetta in cui Perveen
viene relegata nei giorni ‘impuri’ è una prigione che lascia indovinare
dell’altro, impossibile da sopportare.
E
allora, mettendo insieme i due filoni, “Le vedove di Malabar Hill” è molto di
più di un ennesimo thriller con folklore indiano. E’ un capitolo della storia
delle donne e delle difficoltà che hanno dovuto (e che devono) superare in un
mondo che appartiene agli uomini. L’ambientazione, poi, soprattutto quella di
Bombay che spazia dai quartieri esclusivi alle zone del porto, ha il ‘colore’
giusto che non infastidisce. Anzi, tutt’altro.
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L'ho letto tutto d'un fiato. Sarà perché amo l'India,ma queste storie un po' esotiche mi intrigano molto. Scritto bene ,ho imparato qualche cosa in più dei Parsi di Mumbai. Grazie per la segnalazione.
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