lunedì 12 marzo 2018

Yoram Kaniuk, “Himmo re di Gerusalemme” ed. 2018


                                                    Voci da mondi diversi. Medio Oriente


Yoram Kaniuk, “Himmo re di Gerusalemme”
Ed. Giuntina, trad. Elena Loewenthal, pagg. 155, Euro 17,00

    Gli altri lo chiamavano ‘il pupazzo’. Gli altri, i soldati feriti e ricoverati come lui, il pupazzo, nel convento di san Gerolamo nella Gerusalemme assediata del 1948. Gli altri che potevano contare ‘i pezzi’ del corpo mancanti o inusabili. Di lui, il pupazzo, di Himmo Farrah, non era rimasto quasi più niente e ci si chiedeva come potesse continuare a vivere nonostante tutto. Era impossibile riconoscere in Himmo il ragazzo che una volta aveva un ben diverso soprannome- era chiamato ‘il re di Gerusalemme’ perché era così bello che nessuna ragazza poteva resistergli. Di quella bellezza gli restava solo la bocca. E da quella bocca usciva una supplica che era come un rantolo, ‘sparami, sparami’.
     “Himmo re di Gerusalemme”, pubblicato per la prima volta nel 1968, è uno di quei libri ‘per sempre’. Cambiano i tempi, cambia l’ambientazione, cambiano le guerre, può anche non esserci nessuna guerra in atto ma il quesito del libro è sempre valido- che cosa è vita? il respiro è vita? chi lo decide? si ha il diritto di scegliere tra l’apparenza di vita e la morte? e come considerare chi aiuta un altro al trapasso?

    Yoram Kaniuk costruisce ad arte la situazione- il convento trasformato in ospedale per i soldati ebrei, così come la presenza della suora, ci indicano che il dilemma non riguarda un’appartenenza religiosa piuttosto di un’altra, al rombo della guerra sullo sfondo corrisponde la battaglia che si svolge nell’anima dell’infermiera Himotal e in quella di Marco, fratello di Himmo- sembra che entrambi non facciano caso a quella richiesta disperata, ‘sparami, sparami’, e invece stanno prendendo tempo perché una guerra non si combatte in ore o in giorni. Un uomo e una donna, al centro della scena. Un relitto umano e una donna che conosce la sofferenza del lutto perché il suo fidanzato era morto in Galilea. Intorno a loro gli altri feriti. Sono tutti gelosi delle cure esclusive che Himotal dedica a Himmo, perché ben presto Himotal si occupa solo di lui. Poco importa che l’ala della morte sia accanto al letto di Himmo, gli uomini sono incapaci di capire la pietas, pensano al sesso, fraintendono volutamente l’interesse di Himotal per Himmo, fanno allusioni volgari, parlano di un matrimonio tra i due. Si rendono tutti conto di essere fortunati in confronto a Himmo, eppure c’è in loro un infantile desiderio di essere al centro dell’attenzione di quella donna così garbata e sollecita. Neppure capiscono il vero significato dello spostamento del materasso di Himotal quando l’infermiera lo mette tra quello di Himmo e la porta. Eppure tutti sapevano che il materasso vicino alla porta era l’ultima tappa per un ammalato o un ferito- Himotal aveva creato una barriera con il suo, aveva frapposto un ostacolo tra Himmo e la morte.

   ‘Sparami, sparami’- chi è l’arbitro della vita e della morte? Quanto amore ci vuole per esaudire una simile richiesta? E’ pietà per la sofferenza il continuare a curare Himmo allungandogli la vita o la vera pietà sarebbe concedergli di morire? Che cosa vuole Himmo veramente? “Solo la sua bocca implora di morire”, l’anima di Himmo vuole vivere, sostiene il dottore, mentre Himotal pensa che se c’è in Himmo un potente istinto di sopravvivenza che lo ha fatto durare così a lungo, è per una paura “dell’altra parte” come già diceva Amleto nel suo famoso monologo.
    Nella breve pagina finale Himotal è di nuovo a Gerusalemme dodici anni dopo. Tutto passa. Tutto scolorisce. Quello che si vuole dimenticare viene dimenticato. “Himotal non ha mai potuto raccontare a nessuno di Himmo”. La vita ha ripreso a scorrere sui suoi binari. Himotal vede dei bambini davanti a un chiosco, “Oggi a Gerusalemme si mangia il gelato”. L’unica scelta da fare è il gusto.
    “Himmo re di Gerusalemme” è un libro per sempre. Sconvolgente e provocatorio quando è stato pubblicato, più che mai attuale adesso.

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1 commento:

  1. Toccherà leggerlo, mi sa (sono arrivata al blog inseguendo Simone Somekh, e mi sa che toccherà seguire anche il blog).

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