mercoledì 7 marzo 2018

Francesca Melandri, “Sangue giusto” ed. 2017


                                                                Casa Nostra. Qui Italia
                                                                la Storia nel romanzo

Francesca Melandri, “Sangue giusto”
Ed. Rizzoli, pagg.527, Euro 20,00

     E’ il 2010. L’anno della visita di Gheddafi a Roma, in grande amicizia con Berlusconi. La viabilità di Roma è stravolta da questa visita e le 500 ragazze scelte accuratamente per le lezioni di Corano sono sulla bocca di tutti. L’ultranovantenne Attilio Profeti è più o meno confinato a letto, accudito dalla seconda moglie che ha un quarto di secolo meno di lui. Un ragazzo di colore suona alla porta di Ilaria, una dei tre figli che Attilio Profeti ha avuto dalla prima moglie. Dice di chiamarsi Shimeta Ietmengeta Attilaprofeti e di essere suo nipote, figlio del figlio che suo padre Attilio ha avuto da una donna in Etiopia negli anni in cui gli italiani volevano conquistarsi un posto al sole cantando, Faccetta nera, bell’abissina... Il passato si è riagganciato al presente in “Sangue giusto” di Francesca Melandri, il mare è stato riattraversato in direzione opposta, le azioni dei padri chiedono giustizia ai figli.
    Anche in questo romanzo, come in “Eva dorme”, Francesca Melandri esplora un capitolo della storia italiana attraverso la storia di una famiglia e ha trovato lo spunto iniziale perfetto, tra le polemiche quotidiane sugli sbarchi e sull’invasione della gente di colore che porta sulle spalle il peso di esperienze indicibili. Siamo un popolo dalla memoria corta, o meglio, dalla memoria selettiva che ricorda solo quello che gli fa comodo e che vuole credere nella bella favola degli ‘Italiani, brava gente’, come dice sarcasticamente il titolo del libro dello storico Del Boca.
I figli di Attilio Profeti sanno poco o nulla degli anni giovanili del padre. Se è per quello, hanno saputo poco o nulla anche degli anni in cui aveva due famiglie a Roma fino al giorno in cui aveva detto a Ilaria, “voi non siete tre, ma quattro”, e il quarto aveva il suo stesso nome ed era il figlio di Anita che avrebbe sposato dopo il divorzio dalla prima moglie. Non aveva detto, “siete in cinque”, anche se sapeva che Abeba, la ragazza il cui nome significava ‘fiore’ e che lui aveva amato contro tutte le leggi fasciste, laggiù in Etiopia, gli aveva dato, tempo addietro ormai, il suo primo figlio maschio.
     Si alternano i tempi, nel romanzo della Melandri, e si alternano le narrazioni. Si alterna la Storia ufficiale e la storia privata e quanto peso ha la Storia grande su quella dei personaggi! Obbliga a scelte, a schieramenti, a trattare con la propria coscienza. Attilio Profeti, volutamente descritto come uomo di rara prestanza fisica in un’epoca in cui si esalta la perfezione della razza ariana, non è una bella persona, nonostante il suo fascino. Quando Ilaria, che lo ha sempre adorato, scopre nuovi dettagli sul suo passato, resta sconvolta. Siamo sconvolti anche noi lettori, anche se non è la prima volta che leggiamo di quanto accadde durante la guerra d’Africa- l’uso dell’iprite, il massacro della rappresaglia dopo l’attentato a Rodolfo Graziani, i lanciafiamme ad Amba Aradam, l’umiliante catalogazione degli etiopi secondo misurazioni craniche e colore della pelle, le leggi razziali.
E, in maniera meno plateale e più subdola, tra appalti e commesse, il coinvolgimento italiano negli interessi del Corno d’Africa e della Libia si è prolungato fino ai tempi attuali- lo show di Gheddafi e Berlusconi, descritto con un tono tra la satira e il grottesco, ne è la prova. E l’odissea del nipote di Attilio, così come quella di suo padre, appare come il proseguimento di un dramma di cui ci sentiamo in certa misura responsabili.
    Eppure, allora come oggi, scegliere e uscire dalla massa era ed è possibile. L’amico di Attilio, quello che gli avrebbe spedito le lettere di Abeba prima e di suo figlio poi, era rimasto là, in Etiopia, con la sua ‘madama’ e i figli avuti da lei. Il giudice tormentato dal rimorso di non aver sposato la madre di colore di sua figlia aveva però dato il suo cognome alla bambina e l’aveva mandata a studiare in Italia. E, nel presente, l’uomo amato da Ilaria nonostante le divergenti opinioni politiche si ritira dal governo quando scoppia lo scandalo Ruby perché perderebbe il rispetto di se stesso se avvallasse le dichiarazioni del Cavaliere senza Onore.
    Un bel romanzo vivo e palpitante. Un romanzo che ha il coraggio di rivangare, di parlare, di dire.

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