Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
autobiografia
romanzo di formazione
FRESCO DI LETTURA
Max Blecher, “Cuori cicatrizzati”
Ed. Keller, trad. B. Mazzoni,
pagg. 240, Euro 13,17
Come tutti i libri che nascono dall’esperienza personale, “Cuori
cicatrizzati” ha un’urgenza e un pathos speciali. C’è la voce di Max Blecher,
scrittore rumeno morto a soli ventinove
anni di tubercolosi spinale, in quella del suo protagonista Emauel, studente di
chimica a cui viene diagnosticata la stessa malattia con la prescrizione di
recarsi per una cura in un sanatorio sul mare del Nord. E il lettore non riesce
mai a dimenticare l’autenticità dell’esperienza che sta leggendo.
La diagnosi era arrivata come un
fulmine a ciel sereno. D’altra parte è proprio dei giovani credersi immortali
come gli dei greci, esenti dal rischio di malattie. Se accadono, accadono agli
altri. Emanuel parte per Berck e si rende subito conto che la sua visione del
mondo cambierà del tutto, semplicemente perché anche lui, come gli altri
pazienti, verrà ingessato e si sposterà su un lettino, restando sempre
sdraiato.
Cambia la prospettiva da cui guarda quello che lo circonda e cambia anche quella della sua vita. Impossibile non porsi domande su quale sarà il decorso della malattia, se mai si tornerà a camminare eretti, se mai si riprenderà a camminare affatto. Ad Emanuel sembra di vivere in un altro mondo che nulla ha a che fare con quello di prima. E, con una tristezza infinita, si rende conto anche di come potrebbero apparire ridicole certe scene a degli estranei- tutti loro, pazienti del sanatorio, sembrano antichi romani che pranzano sdraiati sul triclinio o che praticano sport audaci quando corrono sulle dune della spiaggia con i mezzi specialmente adattati per loro.
Emanuel diventa un esperto della tubercolosi- sono tutti degli esperti.
Ogni paziente ha da raccontare una sua storia di sofferenza e di speranza.
Perché la speranza è l’ultima a morire, anche se, per sperare, c’è chi beve
troppo e chi si illude. C’è chi ricorda ‘come era’ guardando fotografie che
sono testimonianze di forza, bellezza e virilità, ci sono giovani donne che,
pur sdraiate e ingessate, ci tengono a essere vestite e truccate, fioriscono e
sfioriscono di continuo gli amori tra i pazienti. Ci sono poi coloro che, come
accade al protagonista de “La montagna incantata”, sono guariti ma non riescono
ad allontanarsi- sono rimasti prigionieri, sono incapaci di riprendere in mano
le fila della quotidianità.
dal film tratto dal libro |
Amicizie ed amori permettono agli ammalati di combattere la depressione
della loro condizione. E anche Emanuel si innamora. Di una donna che ci ricorda
volutamente il fascino di Madame Chauchat nel romanzo di Mann per gli zigomi
alti e lo sguardo leggermente mongolo che attirano l’attenzione. Amore,
desiderio e poi abitudine e voglia di solitudine e che tutto finisca. Ma dopo- sembra
facile, dopotutto è quello che si sperava- si sarà capaci di riprendere a
camminare eretti, di ricominciare a vivere?
C’è aria col sapore di sale, in “Cuori cicatrizzati”, e non quella
frizzante di e cristallina di Davos. C’è spesso foschia e grigiore di pioggia,
come una cortina di lacrime sulla sorte dei ricoverati nel sanatorio. Quando
Emanuel, dimesso, parte, guardando fuori dal finestrino vede “in lontananza, la città, simile a un
vaporetto che affonda, scompariva nell’oscurità.”. Affondano tutte le
brutture, il buio inghiotte i ricordi di quello che è stato, il treno della
vita è ripartito.
Il romanzo di Max Blecher è un Bildungsroman autobiografico nel
microcosmo di un sanatorio- una sorta di limbo, terra di confine tra la vita e
la morte dove l’inerzia obbligata porta alla riflessione. Non ha la grandiosità
del capolavoro di Thomas Mann e neppure la ricchezza di approfondite
disquisizioni che troviamo ne “La montagna incantata”, e però l’immediatezza
della voce di Emanuel, dietro cui si nasconde lo stesso autore, con gli
angoscianti quesiti repressi sull’equità della sorte, gli conferisce una
qualità più umana e toccante.
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