mercoledì 20 dicembre 2017

Roberto Bertinetti, “L’isola delle donne” ed. 2017

                                                                   Casa Nostra. Qui Italia
           biografia
         FRESCO DI LETTURA

Roberto Bertinetti, “L’isola delle donne”
Ed. Bompiani, pagg. 352, Euro 13,60

      Una visione fugace delle sabbie bianche e mare con delfini della Isla de las Mujeres al largo del Messico, leggendo il titolo del libro di Roberto Bertinetti, professore di inglese presso l’Università di Trieste, sostituita subito da quella delle bianche scogliere di un’altra isola in un altro mare che ben si merita il nome di isola delle donne- dopo aver letto il libro viene da domandarsi che cosa nell’aria della Gran Bretagna (o, più realisticamente, nel suo tessuto sociale) abbia fatto sì che un numero così alto di donne straordinarie nei campi più diversi si siano imposte all’attenzione imprimendo la loro immagine su un’intera epoca. Perché abbiamo cercato invano un fenomeno simile in altri paesi.
     L’idea del professor Bertinetti, di tracciare dei ritratti di nove famose donne britanniche, è geniale. Le ha scelte appartenenti a tempi diversi in modo da disegnare, insieme al loro, anche il ritratto degli anni in cui sono vissute. E sono anche nove donne che si muovono in ambiti differenti- la lettura procede veloce, ci appassiona mentre vita privata e pubblica si intrecciano. La sfilata non poteva non iniziare dalla regina Elisabetta I (da chi, se no?), esempio e modello per tutte, la regina vergine dal polso di ferro e dai molti amanti. Dopo di lei, un’altra grande regina che diventò anche Imperatrice d’India nel 1876,Vittoria. Due personaggi di cui sappiamo tutto o quasi, ormai, e infatti i primi due capitoli a loro riservati hanno un tono più scolastico, paiono quasi il compito di un alunno diligente.
Con Margaret Thatcher il libro diventa più vivace, le tinte con cui  la Lady di Ferro è dipinta sono forti- l’influenza dell’ambiente calvinista in cui è cresciuta, la sua durezza sia in ambito famigliare sia nella politica, il braccio di ferro (a quanto pare è il metallo che più si addice per sottolineare la tempra di queste donne) con i minatori in sciopero, la guerra delle Falklands, la crisi e la disoccupazione. Implacabile Margaret. 
Lady Diana, al confronto, sembra una bambina indifesa. E, a distanza di anni ormai, ci sembra veramente poco più che una bambina in quelle foto che fecero il giro del mondo, lei fiduciosa e radiosa che credeva di sposare il suo principe azzurro, lui che, alla domanda se fossero innamorati, rispondeva con un cinismo raggelante per un neo-fidanzato (anche se la domanda era stupida).
Eppure Diana, travolta dal tradimento del marito, riuscì a crescere, a tirare fuori una volontà insospettata per non lasciarsi annullare, diventando una paladina delle vittime, dei poveri, una sorta di Madre Teresa versione principessa. Se cerchiamo un tratto in comune fra queste donne, forse è proprio la forza di volontà. Lo ritroviamo nelle scrittrici che seguono, Jane Austen, Virginia Woolf, Agatha Christie- ognuna di loro rivoluzionaria per il suo tempo, ognuna di loro che ha lasciato un’impronta, ognuna di loro un punto di riferimento.
    E’ singolare che un paese così tradizionalista e conservatore, che ha conosciuto solo una guerra civile nel ‘600 e un unico caso di un re, Charles I, che fu decapitato per poi mantenere una salda monarchia fino ai giorni nostri, abbia invece, a più riprese, impresso un’accelerata ai tempi, abbia compiuto delle mini-rivoluzioni nei comportamenti, nella moda, nella musica.
Mary Quant
Le due ultime figure di questa galleria di personaggi sono le stiliste Mary Quant e Vivienne Westwood. Certo, né l’una né l’altra proponevano abiti della classe della nostra Biki (che ha vestito la Callas) o di Mila Schön. Volevano altro. Erano come un grido di liberazione. Le gonne sempre più corte di Mary Quant (anche lei sostenuta da una volontà ferrea), i suoi vestiti e accessori dal prezzo accessibile a tutte, e, d’altro canto, le stravaganze pazze, irridenti, oscene, lo stile che avrebbe preso il nome di ‘punk’, che ben si accordava alla musica dei Sex Pistols e che rese famosa Vivienne Westwood, non erano e non volevano essere grande moda. L’opposto. E misero il loro marchio sugli anni ‘60 e ‘70, anni fervidi di novità.
Vivienne Westwood

    Ben documentato, agile e svelto, ricco di Storia, storie ed aneddoti, questo è un libro mai noioso che si legge con grande piacere. Forse perché ci fa rivivere il passato in maniera originale e ce lo fa sentire presente.


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