vento del Nord
FRESCO DI LETTURA
Jonas Hassen Khemiri,
“Tutto quello che non ricordo”
Ed. Iperborea, trad. A. Bassini, pagg. 328, Euro 17,50
Il vicino di casa. L’amico. L’amica che fa l’artista underground a Berlino.
La ragazza che ha amato. La madre. E lo
scrittore che fa domande. Una voce che si sovrappone all’altra, racconti di cui
si perde il filo e poi lo si ritrova, basta un accenno. Cose che vengono dette,
smentite, corrette, viste da un altro punto di vista. Ma di chi si sta
parlando? “Comincio da come ho conosciuto Samuel?”, chiede uno degli
interlocutori che- ha accennato alle sbarre- è in prigione. Stiamo parlando di
Samuel, allora. E’ la storia di Samuel che lo scrittore sta cercando di venire
a sapere. Samuel che è morto in un incidente. Incidente per davvero (la madre
dice che i freni non funzionavano bene) o suicidio? era depresso, Samuel?
Anche i nomi dei personaggi veniamo a
saperli a poco a poco, e tocca a noi attribuirli all’uno o all’altro. Il vicino
di casa scompare presto dalla scena, l’amico si chiama Vandad e non ci sarà mai
chiaro fino a che punto lui e Samuel fossero solo amici, l’artista (un tipo
stravagante) si fa chiamare la Pantera e la ragazza che aveva lasciato da poco
Samuel quando questi ha avuto l’incidente si chiama Laide, fa l’interprete ed è
impegnata nell’aiutare le donne migranti. L’ordine si crea dal disordine, nel romanzo
di Jonas Hassen Khemiri (scrittore nato a Stoccolma da madre svedese e padre
tunisino di cui abbiamo già molto amato il precedente romanzo “Una tigre molto
speciale”), la polifonia- un poco
spiazzante, all’inizio- è ricchezza di punti di vista, è una maniera per tenere
sempre vigile la nostra attenzione. Perché tocca al lettore accumulare i
dettagli, mettere da parte le tessere del quadro che viene a formarsi davanti
agli occhi della mente: Samuel al centro, gli amici intorno, lo scrittore che
fa le domande in un angolo. Tocca anche al lettore capire che la maggior parte
dei protagonisti non sono svedesi se non per nazionalità acquisita, o perché
sono nati in Svezia da genitori immigrati, e forse per questo hanno una
maggiore sensibilità verso il problema dei migranti e le loro difficoltà.
Nel ritratto che ne fanno gli altri Samuel
ama la vita e non vuole sprecarne neppure un attimo- ha inventato la Banca
delle Esperienze, il fare qualcosa, anche se sciocca o irrilevante, perché
aumenta il punteggio delle esperienze di vita. E fa delle liste, allora, di cose
come andare all’aeroporto a vedere decollare gli aerei o passare dal poligono
per sentire il rumore di una Glock. In realtà Samuel fa liste di tutto perché è
uno smemorato, confessa di essersi fatto un elenco di domande da fare ad un
primo incontro con una ragazza, per paura di fare scena muta. Nella sua
svagatezza Samuel ha molte doti- è affettuoso e paziente (lo vediamo alla prova
con una nonna che ha un inizio di demenza), è generoso con gli amici (paga
spesso la parte di affitto che toccherebbe a Vandad) e anche con gli estranei
(offre alloggio nella casa vuota della nonna a delle donne migranti). Quando si
innamora perdutamente di Laide (per lui è bellissima, Vandad non condivide la
sua opinione), ci fa tenerezza. Il rovescio della medaglia è che Samuel è
superficiale, credulone, sbadato, irresponsabile.
E tuttavia, dopo tutto quello che abbiamo
ascoltato, insieme allo scrittore, dopo le avventure a tratti buffe, a tratti
tristi, a tratti sentimentali, dopo le passeggiate per Stoccolma, dopo le soste
ai bar, dopo i noodles ai fiocchi di latte, dopo confidenze e litigi e
riappacificazioni, possiamo dire di conoscere Samuel? Si può mai dire di
conoscere qualcuno?
E’ questo che vuole dire, infine,
“Tutto quello che non ricordo”. Che ognuno di noi è tante persone quante sono
quelle che ci conoscono e che si possono azzardare delle ipotesi, ma nessuno
saprà mai per certo quali pensieri abbiano attraversato la mente di Samuel alla
fine.
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