Voci da mondi diversi. Asia
la Storia nel romanzo
il libro ritrovato
Furukawa Hideo, “Belka”
Ed.
Sellerio, trad. Gianluca Coci, pagg. 442, Euro 16,00
Titolo
originale: Beruka, hoenai no ka?
Attacca!
E’ la voce del suo istinto. Tutto ciò che
ha appreso all’epoca in cui era un cane soldato riemerge prepotentemente dal
fondo della sua memoria. Sì, adesso è tutto chiaro!, esclama dentro di sé, assumendo un’aria concitata. Adesso so chi
sono, so qual era la missione che avrebbero dovuto affidarmi su quella
maledetta isola!...Kita abbaia con tutto
il fiato che ha in gola, scosso da un tremito violento. La mia missione! La
porterò a termine qui, in questo preciso momento! Perché io sono vivo qui, in
questo preciso istante!
Stupefacente. L’episodio iniziale del romanzo “Belka” dello scrittore
giapponese Furukawa Hideo è stupefacente. Che il cane sia l’amico fedele
dell’uomo è risaputo- è una frase trita per indicare la sua precipua qualità.
Che sia un animale intelligente, pure. Così come che possa essere facilmente
addestrato. Ma il comportamento dei cani sulle isole Aleutine nel 1943, nel
pieno svolgersi della seconda guerra mondiale, è più umano che canino. L’anno
precedente due di queste isole nel Pacifico del nord furono occupate dalle
truppe giapponesi. Quando queste dovettero ritirarsi in fretta e furia, quattro
cani della loro unità cinofila furono abbandonati: tre pastori tedeschi e un
cane di razza hokkaidō. Quattro
cani soldato di cui uno, Explosion, non apparteneva alle forze giapponesi,
bensì a quelle americane- era un prigioniero di guerra, un cane che già si
trovava su una delle isole quando i giapponesi le avevano conquistate.
Explosion corse festoso verso gli americani appena sbarcati per riappropriarsi
dell’isola. Aveva riconosciuto i vecchi padroni. Due degli altri cani la
seguirono. Quello più solitario, invece, Katsu, rimase nacosto nella sua tana,
nella postazione della contraerea dove era stato assegnato. Attese che si
avvicinasse il primo soldato nemico- perché sapeva bene che i nuovi arrivati
erano i nemici che era suo dovere combattere- e gli balzò addosso azzannandolo
al collo. Poi si mise a correre verso il campo minato guidando gli inseguitori
dietro di sé. Saltò in aria lui. Saltarono in aria gli americani. Missione
compiuta. Un cane kamikaze.
Per chi non lo sapesse, quarantamila cani
soldato furono addestrati durante la seconda guerra mondiale (date anche
un’occhiata al notevole libro di Giovanni Todaro, “I cani in guerra. Da
Tutankhamon a Bin Laden”, edizione Oasi Alberto Perdisa). Nel suo libro di
storia canina Furukawa Hideo segue le vicende di solo quattro di questi
splendidi esemplari tracciandone la genealogia prima di incominciare il
racconto- è il poter tracciare i propri antenati che attesta la purezza del
sangue, per gli uomini così come per gli animali, già lo abbiamo visto in “Pura
razza bianca”, il romanzo di Frank Westerman sui cavalli lipizzani. E, come nel
libro di Westerman, pure in quello di Furukawa leggiamo una storia del secolo
passato osservata da un’angolatura del tutto singolare, quella dei cani questa
volta- dalla seconda guerra mondiale alla guerra fredda, ai conflitti in Corea
e Vietnam, alla guerra in Afghanistan infine.
Non solo. Perché ci sono guerre e
guerre. Guerre per territori e confini geografici, guerre combattute in nome di
ideologie e guerre di bassa lega, per così dire, guerre in cui si scontrano le
mafie e c’è un gran giro di soldi. Furukawa Hideo alterna i capitoli, prima ci
porta in una segretissima ‘città della morte’ in Siberia dove una strana
ragazzina giapponese, presa in ostaggio perché figlia di un boss mafioso, è
portata ad identificarsi con un cane fino a cambiarsi il nome in Strelka, come
uno dei due cani che ritornarono indietro dallo spazio, e un vecchio,
conosciuto come ‘l’Arcivescovo’, progetta trame di grandiose rivoluzioni
guidate dai cani, e poi inizia altri capitoli di storia ‘canina’ con la stessa
domanda ripetuta, quasi un campanello ad indicare il cambiamento di traccia,
“Cani, miei cari cani, dove siete finiti?”.Sono finiti in Alaska, a trainare slitte, a fare gare di corsa, oppure in uno stato molto più a Sud, dove il clima non è loro confacente, a fare da guardia del corpo, a sorvegliare confini, a partecipare ad una utopistica navigazione senza strumenti. Si riproducono, vengono venduti, i loro discendenti si rincontrano in maniera casuale, i cuccioli ereditano, o non ereditano, i geni degli augusti genitori, da cani soldato addestrati per guerre ‘gloriose’ passano ad essere cani antidroga dal fiuto straordinario, mentre la cagnetta spaziale Laika, seguita da Belka e Strelka, diventa un simbolo di audacia, pari a quella del primo uomo che varcò le colonne d’Ercole.
Tra realtà e finzione, poesia e ironia, ricco
di rocambolesche avventure e di microstorie piene di inventiva, questo è un bellissimo
libro da leggere, la dimostrazione che il romanzo non è affatto morto, per
nostra fortuna (tutti cani del romanzo abbaiano il loro assenso).
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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