Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
la Storia nel romanzo
FRESCO DI LETTURA
Andrea Molesini, “La
solitudine dell’assassino”
Ed. Rizzoli, pagg. 366, Euro 19,00
Carlo Malaguti ha ottantun anni. Gli ultimi
venti li ha passati in prigione, nella Fortezza di Trieste. Accusa: ha ucciso
una donna. Sì, è colpevole. Al processo gli è stato dato un avvocato d’ufficio
ma Carlo Malaguti non ha voluto essere difeso. Adesso sta per essere rimesso in
libertà, per buona condotta, e la direttrice del carcere teme che non possa
farcela ad affrontare il mondo fuori dal carcere, teme che si tolga la vita. A
meno che non riesca a rompere le sbarre della solitudine e raccontare di sé a
qualcuno in cui abbia fiducia, qualcuno che trasformi la sua vita e la sua
colpa in un libro.
Luca Rainer è sulla quarantina. Fa il
traduttore- ha tradotto Rilke (il nome del poeta è il suo cognome, dopotutto) e
Shakespeare. Sua madre, che ha abbandonato lui e la sorella quando Luca era un
bambino, è stata l’avvocato difensore di Malaguti. Carlo Malaguti è d’accordo,
parlerà con Luca Rainer. E Luca dovrà tradurre un uomo invece che dei versi.
E’ con dei versi, è parlando delle rose del
giardino della prigione che Carlo Malaguti si presenta- non è certo usuale per
un assassino. “Nemmeno la pioggia, che ha così piccole mani, conosce le rose”,
dice a Luca Rainer, facendo sue alcune parole della famosa poesia di E.E. Cummings.
Faceva il bibliotecario, questo vecchio, in un’altra vita di cui dice “Ho
vissuto da uomo libero, e la libertà mi ha devastato”, e la sua cultura, la sua
passione per i libri, la profondità di pensiero che solo un’attenta lettura può
dare, affiorano in ogni sua frase. Che cosa lo ha portato ad uccidere una donna
nel febbraio del 1986? Perché mai avrebbe dovuto dirlo, al processo, dal
momento che si riconosceva colpevole e non cercava attenuanti?
“La solitudine dell’assassino”, il nuovo
romanzo- molto bello- di Andrea Molesini, è la storia di un uomo e della sua
colpa. Un uomo che era un ragazzo che non voleva essere arruolato a forza nella
repubblica di Salò negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale e che si era
nascosto sull’isola di sant’Erasmo nella laguna veneta. E poi? C’è un nome,
Anna, che Malaguti si lascia sfuggire ben presto nel racconto che richiederà
tempo per essere raccontato, il tempo di abituarsi l’uno all’altro- lui e il
suo traduttore che ha un’altra storia da dirci-, il tempo per fare un viaggio
insieme, sul cutter di legno (un gioiello) di Luca, diretti a Itaca.
Incontrando dei ‘pirati’ (ma il vecchio Malaguti ha la scaltrezza di un
galeotto e non si lascia ingannare), imparando a conoscersi, a rispettare la
solitudine l’uno dell’altro, fronteggiando incubi che brandiscono un coltello,
riempiendosi di blu, finché forse è meglio tornare a Trieste ognuno per conto
proprio, perché a volte anche essere in due è di troppo.
Il tema del viaggio a
cui si aggiunge la mitica destinazione che ha la valenza di un ritorno a casa,
affrontando i nemici in attesa, assume una coloritura nuova di doppia
conoscenza nel romanzo di Molesini, con anche la profondità del mare che è da
scandagliare come l’animo umano. E poi c’è la guerra, tema caro ad Andrea
Molesini che ritorna puntuale in tutti i suoi romanzi- l’Europa con il fiato in
sospeso nell’estate del 1914 in “Presagio”, la disfatta di Caporetto del 1917
nel libro che ho tanto amato, “Non tutti i bastardi sono di Vienna”, la seconda
guerra mondiale e ragazzi in fuga nella laguna ne “La primavera del lupo”.
Perché si uccide? Perché Carlo Malaguti ha
ucciso a sessant’anni? Amore, tradimento, gelosia, un lutto portato tutta una
vita, un rimorso che rode il cuore, il senso dell’onore che deve essere difeso
ad ogni costo- e la parola ‘onore’ ha un suono scespiriano sulle labbra del
vecchio Malaguti che esce di scena come un attore tragico, con dignità,
lasciandoci con un giudizio sospeso. Ma non siamo tenuti a giudicare- la pena
lui l’ha scontata e, fosse stato per lui, avrebbe finito la sua vita in
prigione.
Un bel romanzo, una narrativa limpida e
tersa come il cielo di Trieste spazzato dalla bora.
Nessun commento:
Posta un commento