Casa Nostra. Qui Italia
FRESCO DI LETTURA
Pietro Grossi, “Il passaggio”
Ed. Feltrinelli, pagg. 152, Euro
15,00
E’ un passaggio mitico, il famoso
passaggio a Nord Ovest tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico attraverso lo
stretto di Bering. Una sfida ai ghiacci, la passione del brivido, l’eterno
desiderio di varcare le colonne d’Ercole, dovunque le si pongano
nell’immaginario. Solo nel 2014 è stato ritrovato il relitto della Erebus, protagonista- insieme alla Terror- della spedizione del 1845
guidata da Sir John Franklin. E proprio nel settembre di quest’anno, il 2016, è
stata ritrovata anche la Terror. Superfluo
dire che, a suo tempo, si abbandonarono subito le speranze che qualcuno dei 129
membri dell’equipaggio fosse sopravvissuto.
Il titolo del romanzo di Pietro Grossi si
riferisce proprio al passaggio a Nord Ovest: il padre di Carlo (protagonista e
io narrante) ha chiesto al figlio di accompagnarlo per condurre un’imbarcazione
dalla Groenlandia al Canada. E anche se sono tredici anni che Carlo ha troncato
ogni rapporto con il padre, anche se sono sette anni che non mette piede su una
barca, Carlo non sa sottrarsi. Ci si mettono anche sua madre, sua sorella e sua
moglie a dirgli che sì, deve accettare e andare ad aiutare quel padre gigione e
dispotico. Carlo si assenta dal suo lavoro come ormai affermato architetto,
lascia la moglie e i due figli gemelli, e parte per la Groenlandia.
Carlo è sulle sue, irrigidito dal timore
dell’esplosione del padre in uno dei comportamenti tipici che tanto lo hanno
fatto soffrire in passato, incerto ancora se accettare di seguirlo in
quell’impresa- pensa al costo emotivo che potrebbe avere per lui, non pensa
affatto ai pericoli del viaggio. Saranno quelli invece i più grossi, quelli che
finiranno per riavvicinare Carlo al padre. Perché, quando si lotta per la vita,
si dimentica tutto, ci si sentirebbe responsabili anche per un perfetto
estraneo, figurarsi quando è del proprio padre che si tratta. Quando i ruoli si
invertono ed è il padre ad essere il più debole, un istinto fatto di pietas
filiale e di altruismo prende il sopravvento e si dimentica il passato.
La prospettiva del viaggio è
esaltante- navigazione a vela e a motore, panorami di solitudine abbagliante,
distese di ghiaccio, iceberg ingannatori. Il romanzo di Pietro Grossi veleggia
veloce, la prima parte è piacevole, a poco a poco Carlo ritrova i gesti e le
manovre che una volta facevano parte della sua vita quotidiana, a poco a poco
veniamo a sapere di suo padre, delle sue origini umili, di come gli fosse
capitata fra le mani la prima macchina fotografica che aveva dato inizio- quasi
per caso- alla sua folgorante carriera, fino a farlo diventare un fotografo
famoso in tutto il mondo, dell’amore colpo di fulmine con sua madre- come
poteva, sua madre, sopportare un uomo del genere, così lontano dalla
raffinatezza di lei? come poteva un ragazzo sensibile come Carlo non trovarsi
in opposizione con quell’uomo estroso, geniale, sfrontato, volgare, rozzo?
Poi c’è l’incontro con la balena.
E il nostro pensiero corre a “Moby Dick”- qui non è la balena ad essere
cacciata, piuttosto è lei che insegue il Katrina,
e c’è un singolare rovesciamento di termini, tra umani e animali, in questa
genitrice che diventa aggressiva per proteggere i balenotteri. Finito il
veleggiare tranquillo, finito il piacere di paesaggi estremi. Carlo e il padre
lottano per la vita, c’è una virata di tensione nel romanzo. E il viaggio- da
ora in poi- non è più solo la sfida ai ghiacci, la meta non è più solo il
Canada, il passaggio non è solo la strettoia fra due terre. E’ un viaggio di
conoscenza di sé e dell’altro, per accettarsi e per passare le consegne. Non si
resta figli per tutta la vita, si passa ad un altro ruolo, si diventa padri a
propria volta e capita, a volte, che si è padri dei propri figli e anche del
proprio padre.
Un romanzo per chi ama andare per
mare, per quelli a cui piacciono i romanzi di avventura, per chi è padre, per
chi è figlio. Per tutti.
Nessun commento:
Posta un commento