Voci da mondi diversi. Francia
Shoah
il libro ritrovato
Tatiana De Rosnay, “La chiave di Sarah”
Ed. Mondadori, trad. Adriana
Colombo e Paola Frezza Pavese, pagg. 318, Euro 17,50
Zakhor, Al Tichkah, “Ricorda,
Non dimenticare mai”: sono le parole in ebraico che Chirac pronunciò nel
discorso per la commemorazione del sessantesimo anniversario di quanto era
successo il 16 luglio 1942 al Vélodrome d’Hiver, a Parigi: migliaia di famiglie
ebree vi erano state rinchiuse prima di essere mandate alla morte nei
famigerati campi di sterminio. In una condizione già vicino alla morte, nel
caldo soffocante dell’estate, senza cibo né acqua, senza servizi igienici, un
affollamento incredibile. Molti si erano suicidati, prima che il peggio
avvenisse, prima della lacerante separazione dei bambini dalle madri, queste inviate
negli altri campi di transito, quelli rimasti con i pannolini sporchi e i visetti
rigati di lacrime, lattanti e bambini che sapevano a mala pena camminare
affidati ad altri solo un poco più grandi di loro. E’ questo nero capitolo di
storia francese che viene ricordato nel romanzo di Tatiana De Rosnay, anche se
ci si domanda se quel monito, Non
dimenticare mai, possa essere imposto a chi non vuole sapere e men che meno
ricordare. In Francia come in Italia, perché è duro ammettere che “i cattivi”
non erano solo i tedeschi, che li abbiamo aiutati nella loro fantastica
organizzazione dello sterminio.
Per metà del romanzo si alternano i
capitoli in cui la protagonista è “la bambina” che ha vissuto nel 1942 e quelli
dove la voce narrante è Julia, una giornalista americana sposata con un
francese; i due racconti diventano poi uno solo quando il coinvolgimento di
Julia diventa totale, dopo le ricerche fatte per scrivere un articolo
sull’anniversario del rastrellamento. Quel 16 luglio in cui la bambina era
stata portata al Vél d’Hiv insieme al padre e alla madre, il fratellino si era
nascosto dentro l’armadio a muro dei loro giochi e la bambina lo aveva chiuso
dentro a chiave, sicura che sarebbe tornata prestissimo a liberarlo. Poi
l’orrore- Sarah era stata separata dai genitori, portata al campo di Beaune-la-Rolande.
Quando era riuscita a fuggire e a tornare a Parigi, aiutata da una vecchia
coppia di contadini, era troppo tardi.
Tatiana de Rosnay insieme a Melusine Mayance sul set del film |
Questi sono gli eventi da non
dimenticare mai, la crudeltà, gli sguardi indifferenti, le delazioni, la
trasformazione in nemico estraneo di chi ci è stato amico. E per fortuna anche
qualche soprassalto di coscienza, qualche cuore generoso. Tuttavia anche la
storia che avviene nel presente è importante nel romanzo, anzi essenziale, ed
occorreva un personaggio che veniva da lontano per inquadrare il passato in
prospettiva. Perché la famiglia Tezac in cui l’americaine è entrata a far parte si era trasferita senza problemi
nell’appartamento lasciato libero dalla famiglia di Sarah, ma non era rimasta
indifferente allo strazio della bambina che aveva bussato alla loro porta e si
era addossata la colpa della morte del fratellino. Come se avesse potuto avere
una sorte diversa al Vel d’Hiv!
Le meccaniche famigliari sono complesse, così
come lo sono quelle di coppia- a sessant’anni di distanza c’è chi si tormenta
ancora e vorrebbe ritrovare la bambina di allora e c’è chi non vuole sapere
niente; l’inaspettata notizia che Julia aspetta un bambino farà scoppiare una
crisi, ma l’aver letto migliaia di nomi di bambini sulle lapidi rende del tutto
impossibile a Julia un aborto.
Ci sono molti spunti di riflessione nel
libro della De Rosnay, non da ultimo che spesso la vita può sembrare un
romanzo. E se a volte il romanzo e la vita sfiorano il melodramma, è ugualmente
importante non dimenticare mai.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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