Voci da mondi diversi. Cuba
il libro ritrovato
Yoani Sánchez, “Cuba libre”
Ed. Rizzoli, trad.Gordiano Lupi,
pagg. 224, Euro 17,00
C’è una città che scorre accanto a noi senza
toccarci, un’Avana che parla di “formaggio parmigiano”, di “centimetri di
prato” e di “fine settimana a Cancún”.
Si tratta di un’altra città che si mescola appena con la nostra e non
assomiglia per niente allo scenario di distruzioni e mancanze che costituisce
il nostro ambiente.
Cuba fa parlare di sé da mezzo secolo. “Qualche
anno fa, tutti siamo andati a Cuba”, dice il protagonista di “Un cielo troppo
blu” di Francisco José Viegas. Anche senza aver mai messo piede sull'isola.
Perchè Cuba, con tutte le sue mancanze, le sue privazioni, anche le sue
ingiustizie e limitazioni, è diventata un simbolo- di opposizione al sistema
capitalistico americano, di strenua lotta per la libertà, di una battaglia
quotidiana per la sopravvivenza senza aiuti esterni. E, come tutti i simboli, è
stata angelicata o demonizzata- secondo i punti di vista.
Il libro
della trentaquattrenne Yoani Sánchez
si intitola “Cuba libre”- come il famoso romanzo di Elmore Leonard ambientato,
però, nel 1898, alla vigilia della guerra ispano americana;
come un drink molto
noto che i turisti sorseggiano alla Bodeguita del Medio all'Avana, dove sono
esposte le foto autografate dei personaggi celebri che lo hanno frequentato.
“Cuba libre”
di Yoani Sánchez non è un romanzo, non
è un saggio, è una raccolta estemporanea di osservazioni e di riflessioni sulla
realtà cubana, quasi un diario di appunti. In effetti “Cuba libre” raccoglie
gli scritti che Yoani Sánchez
ha messo in rete su un blog- un modo molto moderno e brillante per aggirare la
censura cubana, pur tra mille difficoltà che l'autrice spiega nel prologo. Il
blog chiamato Generación
Y- con quella lettera dell'alfabeto che ritroviamo nel nome Yoani e che
indica la generazione nata negli anni ‘70 e ‘80, dei figli di chi, scegliendo
per loro dei nomi ‘esotici’ con l’aggiunta di una y greca, si ribellava
nell'unica maniera possibile ad un regime dittatoriale- è anche un espediente
efficace per suscitare un dibattito, facendo arrivare la propria voce in ogni
angolo del mondo, soprattutto quando (come fa Yoani) si sollecitano e si
autorizzano traduzioni in rete di quanto scritto.
Yoani Sánchez è tra i pochissimi cubani che hanno fatto una scelta singolare:
sono riusciti ad espatriare e poi sono tornati. Non per sola nostalgia di
patria, di un'isola incredibilmente bella e di una gente generosa e amichevole.
Perché il ritorno significava anche ritrovare una vita di privazioni e di
difficoltà quotidiane, tutto quello di negativo che cinquant' anni del regime
socialista di Fidel, con l'aggiunta dell'embargo statunitense e delle
conseguenze del crollo del Muro, hanno causato. Yoani è tornata proprio per far
sentire la sua voce, per criticare il sistema dall'interno. Ed è quello che fa,
con degli articoli più o meno lunghi, da mettere in rete ogni volta che riesce
a connettersi. Articoli dal taglio prettamente giornalistico che scorrono via
veloci, in un tono ironico che non è mai amaro, piuttosto divertito e
divertente, con l'effetto di una satira dal taglio poco affilato. Abbastanza,
tuttavia, da attirare l'attenzione del líder máximo e una sua
replica, insinuante una manipolazione di Yoani Sánchez “per produrre stampa neocoloniale per conto dell’antica metropoli
spagnola che li premia.”
Quanto alle critiche di Yoani, non c'è nulla che già non si sappia o di
cui non abbia circolato la voce: il sistema della doppia moneta che rende molti
generi inaccessibili ai cubani, le code ai negozi e la difficoltà nel reperire
alcuni alimenti nonché pezzi di ricambio per qualunque cosa, la penuria di
alloggi e quindi le difficoltà dei giovani a farsi una famiglia, le cure
mediche inadeguate, la mancanza di insegnanti, la scarsità di autobus e la
quasi impossibilità di spostarsi nell'isola, le strade dissestate, l'assenza di
servizi igienici pubblici, e, naturalmente...la mancanza di libertà, l'essere
costantemente sotto l'occhio del Grande Fratello.
Alcune di
queste critiche potrebbero essere valide anche per il nostro paese- basta
guardarsi intorno o ascoltare le esperienze del ceto basso-medio che non può
permettersi certe spese pur con l'unica valuta dell'euro, o notare come vengano
vanificate o ridotte al silenzio le voci dissenzienti in un regime che tuttavia
si dice democratico.
Vero è che a
Yoani Sánchez è stato negato il permesso di
uscire da Cuba per recarsi a ricevere il premio Ortega y Gasset come migliore
giornalista digitale. E questo è stato un errore, sotto tutti i punti di vista.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Io l'ho tradotta per tanti anni (pure questo libro) e me ne vergogno. Buffona.
RispondiEliminatogli il mio nome, è un libro che ho sconfessato, questa contaballe entra ed esce da cuba quando e come vuole, nessuno le torce un capello
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