sabato 20 febbraio 2016

Umberto Eco, "La misteriosa fiamma della regina Loana" ed. 2004

                                             Casa Nostra. Qui Italia 


E' morto ieri, 19 febbraio, all'età di 84 anni, Umberto Eco. Il mondo della cultura è in lutto. Con lui è scomparso non solo un grande scrittore, ma anche un grande uomo. Lo ricordo con la recensione di un suo libro che ho molto amato, perché mi ha restituito la memoria.

Umberto Eco, “La misteriosa fiamma della regina Loana”
 Ed. Bompiani, pagg. 451, Euro 19,00


     E’ l’immagine ricorrente per tutta la prima metà del nuovo romanzo di Umberto Eco, quella della  fiamma che guizza dentro, ogni volta che il protagonista narrante ricorda qualcosa che non sa collocare, che non sa spiegare, misteriosa la fiamma, “come se qualcuno venisse da noi dalla quarta dimensione e ti solletica il piloro”, misteriosi i ricordi perché lui ha avuto un incidente, non ricorda nulla e gli devono dire anche come si chiama, Giambattista Bodoni detto Yambo.
La sua risposta, altrimenti, potrebbe essere, “mi chiamo Arthur Gordon Pym” o “chiamatemi Ismaele”. E il lettore viene subito travolto dalla ricchezza di evocazioni e di citazioni di questo libro che forse non è bello, ma è extra-ordinario, straordinario. La perdita della memoria episodica o autobiografica di Yambo, un inizio di per sé piuttosto banale, diventa il pretesto per una ricerca del tempo perduto, ritrovando così non solo il suo vissuto, ma costruendo la memoria di un’intera generazione italiana perché questo tuffo nel passato avviene in due tempi e in maniera articolata: dopo una breve prima parte, intitolata “L’incidente”, in cui Yambo annaspa per recuperare con soddisfazione e sorpresa l’abitudine degli affetti famigliari e dei gesti quotidiani, ce n’è una seconda- la più lunga- “La memoria di carta”, seguita dalla terza che ha un titolo in greco, “OI NOΣTOI”, “I ritorni”, come il  ritorno per eccellenza, quello di Ulisse a Itaca. Ritorna nella casa dei nonni a Solara, Yambo, e fruga nella tradizionale soffitta, trovando di tutto e di più negli scatoloni accumulati. Non c’è un ordine, non c’è mai ordine nelle soffitte coperte di polvere del passato, come non c’è mai ordine nei ricordi che appaiono sfumati nella nebbia che ha sempre affascinato Yambo, tanto da raccoglierne tutte le citazioni possibili, da Dante a Eliot, da D’Annunzio a Dickens, da Pascoli a Shakespeare…
E vengono fuori i libri di Salgari e le riviste francesi con le immagini di gusto liberty, il Nuovissimo Melzi del 1905 che si apre alle pagine più consultate (quelle delle torture), gli atlanti con paesi ormai scomparsi ( come la leggendaria Atlantide), collezioni di scatole di latta (servirà per sempre una tazza di cioccolata la vecchina gentile del Cacao Talmone), di calendarietti da barbiere (ne aleggia ancora un lieve profumo), di francobolli (ah, il tempo in cui si viaggiava in sogno fantasticando sui nomi di paesi lontani).
E Pinocchio e gli eroi dei fumetti, Buffalo Bill e Gordon, Mandrake e i soldatini giocattolo, e balza fuori Yambo, autore della storia di Ciuffettino che deve essergli piaciuta molto, se lui ne ha preso il nome. E finalmente “La misteriosa fiamma della regina Loana” che in realtà era “una squinzia vestita da baiadera”. E’ un’orgia di letture e di immagini, quella di Yambo, versi di poesie e nomi e cartoline illustrate e disegni di eroi muscolosi, mentre suona i dischi 78 giri sul grammofono del nonno, “se potessi avere mille lire al mese” e “giovinezza” e le canzoni dei giovani Balilla. Ma Yambo non ha nessuna reazione davanti a tutto questo materiale che diventa perciò il ricordo collettivo dell’Italia di almeno un ventennio, prima e dopo la guerra. Tutto è visto con un occhio obiettivo e distaccato che gli fa domandare, “ma io, come vivevo questa Italia schizofrenica?”, l’Italia che inneggiava al Duce, mandava i ragazzi a morire in guerra, piangeva sui morti delle Fosse Ardeatine, e però cantava “Besame, besame mucho” e “faccetta nera”? Una forte emozione, un secondo ictus ed è nella terza parte che tutto ritorna, l’interpretazione personale di questo passato, perché in una visione abbagliante- prima che il sole si faccia nero- Yambo ricorda tutto, anche l’episodio che ha segnato la fine dell’innocenza, quando aveva guidato in salvo otto cosacchi giù per il Vallone e aveva capito che la guerra è uccidere qualcuno per non venire uccisi, tutto tranne quello che più desidera, il volto della ragazza che è stata il suo primo amore e che si confonde con quello della moglie e della segretaria.
Il ritmo si fa sempre più pressante mentre si avvicina la fine, e sono pagine straordinarie con immagini che si incalzano e un tono visionario da Apocalisse di San Giovanni, con la scalinata del vecchio liceo in cima alla quale sul trono non c’è Dio ma Ming Signore di Mongo, e al suono delle sette trombe non sono gli angeli ma tutti i personaggi dei libri e dei fumetti e del cinema che scendono, cantano, e la nebbia si dirada in attesa della fanciulla bella come una rosa, come la Vergine nel Paradiso di Dante. Ventiquattro anni dopo “Il nome della rosa” Umberto Eco ha di nuovo scritto un romanzo che rinnova la concezione del romanzo mentre vive e dà nuova vita a tutto quello che è stato già scritto, visto e sentito, e, se ci fossero grandi scrittori di altri paesi che fossero in grado di fare un “romanzo illustrato”  simile a quello di Eco, quello che potremmo avere sarebbe una gigantesca memoria collettiva di tutto il nostro mondo, per ricordare come eravamo e capire come siamo.


la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net





Umberto Eco, “La misteriosa fiamma della regina Loana”

Ed. Bompiani, pagg. 451, Euro 19,00

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