Casa Nostra. Qui Italia
la Storia nel romanzo
il libro dimenticato
Francesca Melandri, “Eva
dorme”
Ed.
Mondadori, pagg. 347, Euro 9,35
Lo dicono i versi di John Milton,
all’inizio del libro: Eva dorme- Let Eve (for I have drenched her eyes)/ here
sleep below,/ while thou to foresight wak’st- nel giardino dell’Eden mentre l’arcangelo Michele fa intravvedere
il futuro ad Adamo. Eva- la vera Eva del romanzo di Francesca Melandri-
dorme, nel prologo, quando il postino recapita a sua madre Gerda un pacchetto
indirizzato a lei e Gerda lo rispedisce al mittente, cancellando con un tratto
di penna un altro possibile futuro per sua figlia. Eva riceverà quel pacchetto
destinato ai suoi sedici anni molto tempo dopo, quando la vita ha già fatto il
suo corso ed Eva si è messa in viaggio
per andare a porgere l’ultimo saluto all’uomo che sta morendo, che aveva amato
sua madre, che era stato un padre per lei, Eva, la bimba che il suo vero padre
non aveva voluto riconoscere quando era nata.
I capitoli di “Eva dorme” hanno dei numeri
per titolo. Non sono i numeri della sequenza narrativa, ma, per un filone, le date degli anni in cui si svolge la
storia raccontata, e, per l’altro, il
numero di chilometri che le ruote del treno macina, portando Eva da Brunico
a Reggio Calabria, da un estremo all’altro dell’Italia. Dal 1919 alla fine degli anni ‘70, e 1397 chilometri per ricostruire gli avvenimenti e la storia di una
famiglia, gli Huber. Dallo sconvolgimento dell’annessione
all’Italia alla fine della prima guerra mondiale, con l’italianizzazione
forzata, all’opzione, con l’avvento di Hitler, che obbligava- come dobbiamo
chiamarli? gli altoatesini? i sudtirolesi?- a scegliere se essere rimpatriati
in una patria che però era tale solo perché il luogo dove si parlava tedesco,
oppure restare in quella che era di fatto la terra loro e dei loro antenati,
sentendosi però prigionieri, sudditi, discriminati. Dai primi attentati terroristici- piloni fatti saltare, il
monumento all’alpino imbrattato di vernice rossa, ripulito, distrutto,
ricollocato (soltanto il busto della figura, quello che era rimasto intatto)
sul posto- a quelli più pesanti, che avevano causato la perdita di vite umane:
facevano pena i giovani carabinieri che arrivavano dal sud, che non capivano
neppure il perché di tutto questo odio nei loro confronti. E’ questa incomprensione da parte di tutti gli
italiani, quella che balza fuori dal romanzo di Francesca Melandri. E’ l’ignoranza diffusa di una situazione
storica che ha arbitrato l’attribuzione di una terra e di una lingua.
Su
questo sfondo, con i bellissimi paesaggi dell’Alto Adige (per noi italiani) o
Sud Tirolo (per gli abitanti del luogo), personaggi
veri e fittizi, lo stimatissimo Silvius Magnago che si batté per
l’autonomia, che era in buoni rapporti con Aldo Moro, e la bellissima Gerda Huber, sorella di uno Schützen
che si era fatto saltare in aria preparando un attentato, aiuto cuoca che era
diventata prima cuoca del ristorante in cui era arrivata come Matratze, sguattera di infimo livello
che poteva servire anche come materasso. Gerda no, però. Orgogliosa e altera,
anche quando si era ritrovata incinta perché le ragazze giovani sono le stesse
da sempre e credono nell’amore. Rifiutata dalla famiglia- non era il 1963
quando a Mina, ‘ragazza-madre’, non era più permesso cantare in televisione?-,
Gerda cresce Eva da sola. La affida ad una famiglia generosa in montagna ed Eva
diventa grande aspettando la corriera che le porta la mamma per due mesi
all’anno, che le porta la felicità. Gerda trova l’amore in Vito, il carabiniere straordinario (bisogna dirlo) che arriva da
Reggio Calabria e che vuole formare una famiglia con madre e figlia. La legge
interna dell’Arma glielo impedisce: non sia mai detto che un carabiniere sposi
qualcuno che offre un esempio scandaloso.
C’è molto di più nella trama di questo
libro che è, per molti versi, illuminante, che ci dice cose che avremmo dovuto
sapere, che ci racconta la storia di una
regione in cui ci siamo sentiti male accolti, quando ci andavamo per
ammirarne le bellezze. E lo fa con una vicenda ricca di avvenimenti, di
situazioni, di personaggi che, anche se non tutti ugualmente approfonditi, ci
restano nel cuore.
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