mercoledì 10 febbraio 2016

Almudena Grandes, “Troppo amore” ed. 2004

                                                         Voci da mondi diversi. Penisola iberica
                romanzo 'romanzo'
               il libro ritrovato 


Almudena Grandes, “Troppo amore”
Ed. Guanda, trad. Roberta Bovaia, pagg.166, Euro 13,00

     “Era il 1984, e noi avevamo vent’anni, Madrid aveva vent’anni, la Spagna aveva vent’anni, e ogni cosa era al suo posto, avevamo un passato oscuro, un presente luminoso e una freccia ci indicava quale direzione prendere per andare incontro a quello che allora credevamo fosse il futuro”: è questa la frase che ci resta in mente quando chiudiamo “Troppo amore”, l’ultimo romanzo della scrittrice spagnola Almudena Grandes, perché sono l’eco di quelle che chiunque di noi abbia passato i vent’anni avrebbe potuto dire allora, in quella breve stagione in cui il mondo sembra essere nelle nostre mani e tutto diventa possibile.
Quel “noi” sono tre studenti di Belle Arti, Marcos, bellissimo, molto dotato, diventerà il pittore più importante della sua generazione, Jaime, un po’ tozzo, capace di riprodurre qualunque disegno in un attimo, e Maria José, che si fa chiamare Jose e dipinge quadri inquietanti di bambini down, dipinge persino se stessa con le caratteristiche somatiche di una bambina down.

Un triangolo, dunque, e c’è una frase con il numero tre all’inizio di ognuna delle quattro parti del libro, la prima è un dato di fatto, che il tre è un numero dispari- ed è il capitolo dell’incontro, della conoscenza, dell’amicizia in cui ognuno apporta qualcosa di diverso; segue “il tre è un numero a parte”, e inizia la storia di questo amore a tre, con Marcos che è impotente e Jaime che fa l’amore con Jose mentre Marcos li guarda ed è stranamente un amore bellissimo quello che li lega uno all’altro. Questa è la fase in cui separatamente non sarebbero quello che sono, non dipingerebbero quello che dipingono se non fossero tutti insieme nello stesso studio con un balcone a cui hanno diritto a turno. Vivono in una specie di paradiso terrestre dell’innocenza, perché non c’è niente di morboso nel sesso e nell’amore. Quando il tre diventa un numero pari, si annuncia la cacciata dal paradiso, quando Marcos riesce a fare l’amore con Jose cambia l’equilibrio del loro rapporto- e Marcos è innamorato di Jose, ma Jose sceglie Jaime anche se ama Marcos, e Jaime è invidioso del genio di Marcos che ha già incominciato a vendere i suoi quadri. “Il tre non è mai stato un numero”: la separazione è amara, ognuno se ne va per la sua strada, la freccia che indicava il futuro è rimasta accesa solo per Marcos, Jaime e Jose prendono altre strade.


     Tutta la storia rivive nel ricordo di Jose ad anni di distanza, quando è ridiventata Maria José Sanchez  e Jaime- che lei non ha più visto- le telefona per dirle che Marcos, l’amico che una volta confidava loro la sua fatica di vivere- si è suicidato. Ritroviamo la Almudena Grandes migliore, in questo romanzo di troppo amore che non può durare. Perché la scrittrice non si dilunga, non scarta dalla narrazione che procede veloce lungo le sue tappe inevitabili, evita la facile tentazione dell’erotismo pornografico riuscendo miracolosamente a rendere quello che parrebbe assurdo- la felicità assoluta di una scoperta dei corpi che può essere così pulita solo a vent’anni, prima delle tentazioni, prima della malizia, prima del possesso e della gelosia.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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