Voci da mondi diversi. Area germanica
seconda guerra mondiale
FRESCO DI LETTURA
Ralf Rothmann, “Morire in primavera”
Ed. Neri
Pozza, trad. R. Cravero, pagg. 205, Euro 16,00
Penso all’incipit de “Il buon soldato”
di Ford Madox Ford, Questa è la storia
più triste che abbia mai sentito, quando termino di leggere il bellissimo
romanzo “Morire in primavera” di Ralf Rothmann. E se vi chiedete se sia
possibile scrivere ancora qualcosa di nuovo sulla seconda guerra mondiale, la
risposta è ‘sì’ ed è in questo libro.
E’
la primavera del 1945, l’ultima primavera di quella che doveva essere una
guerra lampo e che durava da sei anni. Solo chi non vuole sapere non sa che i tedeschi hanno perso, che gli
americani sono già sul Reno, che l’Armata Rossa avanza. Prova ne sono gli
sfollati della Prussia orientale fuggiti in massa e alloggiati dove è
possibile, anche nella fattoria dove Walter
e Fiete- i due protagonisti del romanzo- lavorano come mungitori. E adesso Hitler, che farnetica sulla nuova
arma, sulla vittoria, sulla fedeltà e sull’onore, si è messo ad arruolare anche
i ragazzini. Non hanno neppure
diciott’anni, Walter e Fiete, quando sono arruolati a forza. A Walter andrà
bene, perché sa guidare e lo metteranno al volante dei veicoli per gli
approvvigionamenti. Ma Fiete si troverà in prima linea, proprio lui che è
sempre stato contro la guerra, che aveva l’ardire di salutare con un Drei Liter invece che con Heil Hitler- nel clamore delle urla la
pronuncia delle parole suonava simile, nessuno se ne sarebbe accorto. Suo padre
aveva combattuto nella prima guerra mondiale e diceva che l’orrore della guerra si imprimeva dentro le cellule e faceva parte
del patrimonio genetico che avrebbe tramandato ai suoi figli. Forse per quello
Fiete era così.
Succede comunque che Fiete viene ferito. E’ già la fine di
marzo, è questione di giorni, di ore. Se solo potesse restare in ospedale
finché arrivano gli americani, potrebbe cavarsela. Ma no, chiunque sia in grado
anche solo di strisciare viene rispedito al fronte. E Fiete diserta. Fiete fugge. Fiete viene riacciuffato e condannato
a morte. Questa storia di bambini che fanno la guerra sarebbe già abbastanza
triste così, ma il peggio deve ancora
venire. Non lo dimenticheremo noi e non lo dimenticherà mai neppure Walter
che è anziano e sul letto di morte all’inizio del libro. Straparla, sente
rumori. Sua moglie sa che sono i rumori della battaglia, quelli che sente.
Eppure non ha mai voluto raccontare
niente a suo figlio.
La guerra di “Morire a primavera” è la
guerra che non viene raccontata, quella di cui sappiamo poco perché chi l’ha
vissuta ne sapeva poco. I protagonisti del romanzo di Rothmann non sanno, o sanno vagamente, dei
rastrellamenti, dei treni piombati, dei campi. Vedono prigioniere con il cranio
rasato e vestite di stracci a righe ma non si fanno domande, si sa, è la
guerra. Solo dopo, quando Walter è tornato, un uomo- ha bevuto- dice che quello
che Hitler ha fatto con gli ebrei è stato tutto un errore. Nella campagna della
Germania del Nord dove c’è la fattoria in cui lavorano Walter e Fiete arriva
solo l’eco delle notizie delle città
bombardate, ne parlano gli sfollati, ma per loro, per i contadini che devono
continuare a raccogliere quel poco che la terra dà e a mungere le vacche per
mandare il latte all’esercito, la guerra
è lontana, forse ce la faranno a sopravvivere, basta tenere duro.
Una
coltre di tristezza copre il romanzo, grigia
come la campagna sotto le piogge primaverili. Perfino le storie d’amore
hanno il velo di malinconia dell’incertezza
del futuro, della sensazione che ogni possibile gioia sia scomparsa dal mondo,
dell’urgenza di aggrapparsi a qualcosa di concreto come è un corpo vivo-
adesso, al momento, perché il dopo non si sa.
E’ inevitabile pensare a Remarque, a
“Niente di nuovo sul fronte occidentale”, leggendo “Morire in primavera”. Sono
dei ragazzini che vanno a combattere, in entrambi i libri, in due guerre
diverse. Ma i protagonisti di Remarque hanno voglia di lanciarsi in una
gloriosa avventura, quelli di Rothmann sanno già, prima ancora di partire, che non c’è nessuna gloria davanti a loro.
Anzi, c’è la morte quasi certa. Paolo e i suoi compagni si sono arruolati
volontari e con entusiasmo, Walter e Fiete sono
stati obbligati- e Fiete avrebbe disertato subito, Fiete aveva dovuto
essere messo a tacere dall’amico per non essere giustiziato immediatamente per
disfattismo. C’è una sola luce nel romanzo di Rothmann, come già in quello di
Rermarque: il valore dell’amicizia,
il calore di un sentimento che può limitare il senso di spaventosa solitudine
davanti alla morte.
Un libro bellissimo.
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