lunedì 14 dicembre 2015

Dominique Manotti, “Oro nero” ed. 2015

                                                                  Voci da mondi diversi. Francia
         cento sfumature di giallo
          FRESCO DI LETTURA


Dominique Manotti, “Oro nero”
Ed. Sellerio, trad. Francesco Bruno, pagg. 410, Euro 15,00


   Nell’ultima intervista che le avevo fatto, nel 2009, Dominique Manotti, alla mia domanda se intendesse proseguire a scrivere romanzi agganciati ad una realtà di denuncia, aveva risposto che sì, era proprio quello che intendeva fare, “essere lo scrittore pubblico della sua epoca”. Ritroviamo, dunque, con enorme piacere Dominique Manotti con il suo nuovo romanzo, “Oro nero”, pubblicato da Sellerio: sappiamo che non ci deluderà, sappiamo che, ancora una volta, con il suo stile crudo, secco, mirato, Dominique Manotti colpirà il suo obiettivo, ci svelerà un altro lato molto nero della nostra società.
     E’ il 1973. Chi ha l’età per farlo, ricorda certamente l’anno della crisi del petrolio, dell’oro nero, per l’appunto. Che cosa c’era dietro l’enorme rialzo del prezzo del petrolio che mise in ginocchio gli stati che dipendevano dalla sua importazione? Siamo a Marsiglia, il tempo del romanzo è anteriore a quello in cui abbiamo incontrato per la prima volta il protagonista Théodore Daquin ne “Il sentiero della speranza” e il ventisettenne Daquin, dopo un’esperienza lavorativa a Beirut, viene mandato da Parigi nella città costiera, in una realtà complessa che- lo mettono tutti sull’avviso- lui, parigino, farà fatica a comprendere. Una sfida per Daquin.
Il libro si era aperto con la scena di un matrimonio a New York nel 1966: la bella e giovane Emily, nipote di un ricchissimo magnate delle miniere sudafricane, sposava Michael Frickx, trader di una holding del commercio internazionale. Ritroviamo Emily sette anni dopo a Nizza: è al braccio di Maxime Pieri quando, sulla scalinata del casinò, uno sconosciuto gli spara dieci colpi. Mira eccezionale, Emily sviene, è coperta del sangue di Pieri ma lei non è stata colpita neppure di striscio. Da giovane Maxime Pieri era stato molto vicino a una delle famiglie coinvolte nel traffico della droga, in seguito però era diventato uno stimato imprenditore a capo di una linea di commerci marittimi. Possibile che la sua morte sia un regolamento di conti? E che cosa ci faceva Emily con lui? lei sostiene di averlo incontrato per caso in una galleria d’arte, lo aveva conosciuto anni prima a Milano, tramite suo marito. Il quale, peraltro, arriva nella villa che i Frickx hanno in affitto sulla costa in Francia, affida la moglie alle cure (o alla sorveglianza?) del cugino di lei e riparte, senza farsi vivo con la polizia che vorrebbe interrogarlo.

    La trama si fa serrata, complessa, quanto mai intrigante. Muoiono, uno dopo l’altro, altri due uomini che sono in relazioni di affari con Michael Frickx- non esiste il caso, non esistono le coincidenze. Come spesso accade nei romanzi di Dominique Manotti, l’enigma da risolvere non è tanto scoprire chi sia il colpevole- qui sappiamo bene che Michael Frickx non è di certo l’esecutore dei delitti ma c’è lui dietro. Il fascino della trama è nel seguire Daquin nella sua ricerca di spiegazioni e di prove, nell’arrivare a comprendere le motivazioni economiche (si parla di cifre astronomiche) e le speculazioni di persone indubbiamente molto intelligenti, preveggenti, che osano rischiare nella quasi certezza di un enorme tornaconto. In questi casi la vita del singolo ha un valore nullo, se è di intralcio.

     L’attualità di “Oro nero” è sconcertante. E mi pare chiaro che fosse negli intenti della scrittrice. Ci fermiamo a riflettere quando l’amico siriano di Daquin gli dice, “La Storia cammina in direzione dei popoli arabi, e noi saremo all’appuntamento…..Noi siamo stati spogliati, calpestati per un secolo. Vogliamo la rivincita. Detto questo, Nixon, spezzando i legami del dollaro con l’oro, ha provocato la svalutazione dei prezzi del petrolio, e dato il segnale del grande sconvolgimento. Le grandi compagnie vogliono scaricare su di noi il costo della crisi del dollaro, noi faremo a meno di loro, riprenderemo il controllo delle nostre ricchezze naturali, produrremo e venderemo il nostro petrolio ai nostri prezzi per il bene dei nostri popoli.”. In queste parole avvertiamo una premonizione.
    Sullo sfondo di una Marsiglia che ci fa provare una punta di nostalgia per Izzo, con un Daquin che mal tollera la segretezza dei suoi incontri amorosi (gli hanno fatto capire che è meglio che non si sappia che è gay) e ama la cucina mediterranea, un romanzo intelligente nel tipico stile ‘manotti’: non sarete delusi.



    

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