la Storia nel romanzo
il libro ritrovato
Tracy Chevalier, “L’ultima fuggitiva”
Ed. Neri Pozza, trad. Massimo
Ortelio, pagg. 308, Euro 18,00
Titolo originale: The Last Runaway
A un tratto la sagoma scura uscì
allo scoperto rivelandosi per quello che era: una giovane donna di colore, a
piedi nudi e con un vestito giallo. Aveva i capelli legati da una striscia di
stoffa strappata dall’orlo del vestito. Quando si alzò, la gallinella scappò
spaventata, ma la donna rimase immobile in mezzo al cortile, la mano tesa verso
Honor. Nella sua inerme semplicità, quel gesto le fece accapponare la pelle. Aiutami,
questo voleva dire, sono una fuggiasca.
Le avevano insegnato fin da bambina che la schiavitù era una brutta cosa e
andava combattuta, ma si era sempre trattato di parole, buoni propositi. Ora
Honor era chiamata a fare qualcosa, anche se non sapeva cosa.
Seguiamo la traccia dei nomi, per iniziare
la lettura de “L’ultima fuggitiva”, il nuovo e tanto atteso romanzo di Tracy
Chevalier. Siamo il lettore ignaro che cerca di anticipare il gusto delle
pagine che ha davanti.
L’Adventurer,
una nave salpata da Bridport, non lontana da Lyme Regis dove la scrittrice
aveva ambientato “Strane creature”, e diretta in America: è una premonizione di
un’avventura. Tra i passeggeri due sorelle a bordo: Grace e Honor. I loro nomi
non sono affatto insoliti per l’epoca in cui vivono, ma l’orecchio e l’occhio
attenti colgono la loro appartenenza al movimento religioso della Società degli
Amici, altrimenti detti Quaccheri. Ed è un dettaglio fondamentale per la storia
che leggeremo.
E’ il 1850. Grace intende
raggiungere nell’Ohio il fidanzato, Honor accompagna la sorella per
incominciare una nuova vita dopo la delusione per la fuga del suo promesso
sposo con un’altra donna. E’ Honor la prima fuggitiva di questo romanzo che
inizia con le parole, ‘Non poteva più tornare indietro’. Nessuno può mai
tornare indietro da ciò da cui fugge, anche se la condizione di Honor è rosea
in confronto alle fughe di cui leggeremo, ma…i trenta giorni sull’oceano sono
stati un inferno per la ragazza che non ha smesso un istante di soffrire il mal
di mare. E così Honor, la cui nostalgia per il luogo che ha lasciato, per la
famiglia e l’amica Biddy, traspare dalle lettere che scrive e che impiegheranno
due mesi per arrivare a destinazione, deve
proseguire il viaggio, anche quando Grace muore di febbre gialla e Honor si
chiede come riuscirà a dare la notizia al fidanzato e che cosa ci farà lei, in
mezzo a gente che non conosce.
Tracy Chevalier ci ha reso dipendenti
dalle splendide ricostruzioni ambientali dei suoi romanzi in cui ci ha narrato-
finora- storie che si svolgevano nel Vecchio Continente, ad iniziare da “La
ragazza con l’orecchino di perla” (2000) che soffiava vita in un quadro di
Vermeer a “Strane creature” (2009) che ci spalancava il mondo dei fossili. Ne
“L’ultima fuggitiva” Tracy Chevalier fugge
lei stessa dall’Inghilterra in cui vive dal 1984 per ritornare nella sua
America, guardandola con gli occhi dell’inglese Honor che si stupisce del
paesaggio, delle piante e degli animali che non ha mai visto prima, del modo di
vivere degli abitanti che le paiono rozzi in paragone con gli inglesi. Poco
pulite e ordinate le case, poco ospitali le persone, poco spirituale
l’atmosfera nelle sale dell’assemblea in cui gli Amici si raccolgono per
onorare Dio con la meditazione. Honor ha un’arte: cuce in maniera finissima, la
sua specialità sono le trapunte. E le trapunte- la tecnica per unire i ritagli
di stoffa, il significato dei vari disegni, le occasioni per cui vengono
cucite- diventano l’emblema di tutte le differenze tra i due mondi:
estremamente semplici quelle americane, raffinate quelle inglesi, dono d’amore
quelle inglesi, la dote fissata in un numero per le spose americane.
C’è un tema che sta a cuore a Tracy
Chevalier che ‘ritorna’ negli Stati Uniti ed è quello dei veri fuggitivi negli
anni precedenti la guerra civile americana- gli schiavi di colore che cercano
di raggiungere il Canada dagli stati del Sud dove il loro lavoro forzato nei
campi di cotone è essenziale per l’economia a vantaggio esclusivo dei ricchi
bianchi. I quaccheri sono contrari alla schiavitù- non è forse detto sia nella
Bibbia sia nella Costituzione che tutti gli uomini sono stati creati uguali? E’
inevitabile che Honor, la semplice Honor che ragiona con la sua testa e non si
lascia intimidire da nessuno, si presti ad aiutare quelle ombre scure che
passano di notte, braccate come animali dal fascinoso Donovan che si annuncia
all’inseguimento con il cupo rumore degli zoccoli del suo stallone (il nostro
pensiero corre ai Nazgul, i Cavalieri Neri di Tolkien). Il bene e il male sono
schierati su fronti avversi nella lotta in cui si contendono la vita dei
fuggitivi. Il bene opera di nascosto- ‘la ferrovia sotterranea’ era il nome che
veniva dato al percorso con punti sicuri di appoggio a cui gli schiavi potevano
rivolgersi-, il male è altisonante e ha il colore del sangue. E’ bello il
personaggio di Honor, così fedele al nome che porta, che non apre più bocca per
manifestare il dissenso con la famiglia dell’uomo che ha sposato (vincendo
l’attrazione per Donovan, una sorta di Heathcliff americano). Bello anche quello
di Belle (il cui volto non è né bello né carino, in contraddizione al suo nome
che rispecchia invece il suo cuore) che crea cappellini e nasconde schiavi.
Quanto all’ultima fuggitiva- è forse la
donna di colore che è tornata per riprendere le sue bambine e fuggire una
seconda volta? È Belle che fugge nell’aldilà? E’ Honor che, riunitasi al
marito, fugge verso Ovest con la loro bimba Comfort (un altro bel nome
significativo)? E’ la vecchia nera che sfugge alle grinfie del furioso Donovan?
E c’è ancora un’altra riflessione che ci ha accompagnato lungo tutto il libro,
perché sappiamo che il passato dei romanzi della Chevalier non è mai
interamente passato: forse la parola ‘ultima’ non esiste affatto, in qualche
parte del mondo c’è sempre qualcuno che continua a fuggire da persecuzioni,
violenze, ingiustizie, guerre. Alla ricerca di uno scampolo di vita.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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