Cento sfumature di giallo
fresco di lettura
Massimo Galluppi, “Il
cerchio dell’odio”
Ed. Marsilio, pagg. 653, Euro 19,50
Quando agli inizi degli anni
Settanta ci siamo iscritti all’Istituto Superiore di Studi Orientali, eravamo
attratti dall’Estremo Oriente e dalla Cina ma anche dal comunismo cinese. Era
la Cina di Mao, erano il pensiero e l’esperienza politica di Mao, l’oggetto del
nostro desiderio. La rivoluzione era il nostro karma. Volevamo cambiare il
mondo ed eravamo convinti che nella parabola rivoluzionaria del comunismo
cinese ci fosse la risposta a tutte le nostre domande.
La lunghezza del libro- 653 pagine- mi
spaventava. L’ambientazione- l’Istituto Superiore di Studi Orientali di Napoli-
e il periodo in cui parte della vicenda si svolgeva- gli anni ‘70- mi
attraevano molto, moltissimo. Ho preso in mano “Il cerchio dell’odio” di
Massimo Galluppi e non posso usare l’espressione banale che ‘l’ho divorato’,
perché il libro è troppo bello per essere divorato- deve essere gustato e,
nonostante la forte tensione dell’indagine poliziesca, merita pause di
riflessione e tempo per qualche ricerca stimolata dalla lettura.
Napoli. Istituto Superiore di Studi Orientali |
L’inizio (o la fine di tutto) è l’assassinio di Bruno Canalis, cinquantacinquenne sinologo di fama internazionale. Viene ucciso il 16 aprile
2011 nel suo ufficio, all’Istituto Superiore di Studi orientali di Napoli, dopo
una conferenza il cui oratore era un illustre cinese. Le piste seguite da Raul
Marcobi, capo della squadra omicidi, sono, dapprima, quelle solite: può essere
stato un delitto causato dalla gelosia (il professor Canalis era famoso per le
sue storie d’amore con le studentesse), oppure dal rancore di qualche altro
professore per motivi accademici, o da conflitti politici (Canalis era un
esponente del PD), o da debiti di gioco (come aveva fatto, Canalis, a dilapidare
il patrimonio in breve tempo?). Poi, durante le indagini e i colloqui con il
rettore e gli altri colleghi, affiorano nomi e storie del passato, rivive la
gioventù di Bruno Canalis e di un gruppetto di amici, tutti facenti parte di
un’élite intorno alla carismatica figura del rettore (il nome Camelot, con le
allusioni kennediane, dice tutto), e di un altro gruppo più ristretto
all’interno del primo, con un nome più inquietante, ‘il Cerchio Rosso’, e di
ispirazione prettamente maoista. E allora, a trentacinque anni di distanza, la
morte del giovane idealista puro, Arno Bauer, investito da un’auto pirata sotto
casa, quella per overdose del fragile Leonardo, di un professore vittima di un
altro incidente, nonché la misteriosa scomparsa di un palestinese che faceva
parte del gruppo, non sembrano più frutto del caso o del destino- troppo
ravvicinate, troppo in qualche modo collegate l’una all’altra. In più, qualche
giorno dopo l’assassinio di Canalis, un’altra persona connessa al Cerchio Rosso
viene trovata morta: nessuno aveva più rivisto questo Kraniz da allora, quando
tutti lo trovavano sgradevole e inquietante e si diceva che fosse un infiltrato
dei Servizi Segreti, italiani o jugoslavi o di qualche altro paese.
Sono appassionanti i personaggi de “Il cerchio
dell’odio”- tutti, ad iniziare da Raul Marcobi, l’avvocato che è entrato in
polizia perché la ricerca della verità gli sta a cuore più del giudizio e della
pena, uomo colto, ottimo giocatore di tennis (una volta) e ottimo sassofonista
(ora suona per suo diletto), con ricordi brucianti di un errore tragico
commesso mentre lavorava alla DEA a New York, a terminare con l’affascinante
Bruno Canalis che irradia personalità e ipnotizza con le sue lezioni, nel mezzo
gli altri professori, i giornalisti amici di Marcobi, gli ex studenti tra cui
c’è pure l’irraggiungibile sindaco di Napoli.
A 73 anni Mao attraversa a nuoto il fiume Yangzi- mitica impresa |
Sono appassionanti le discussioni politiche e culturali, la
ricostruzione di quell’atmosfera degli ‘anni di piombo’ in cui la violenza si
mischiava all’idealismo, la voglia di cambiare il mondo alla cecità di fronte
ai tremendi crimini, ai milioni di morti causati dal regime totalitario di Mao,
le citazioni da libri e film. “Il cerchio dell’odio” non è un solo romanzo: è una porta che si apre su
altre porte, è l’orizzonte marino che si sposta di continuo davanti ad Ulisse
in cerca di conoscenza. Leggendo “Il cerchio dell’odio” mi è venuta voglia di
rileggere “La condizione umana” di Malraux, ho comprato la versione digitale
(in francese perché non è stato tradotto in italiano) di un libro di Zhu Xiao
Mei, la pianista che ha passato cinque anni in un campo di rieducazione di Mao-
e sono solo due dei libri di cui Raul Marcobi e gli altri personaggi parlano.
E infine c’è Napoli ad appassionarci, la Napoli degli antichi splendori,
porto di mare a cui approdano culture lontane, Napoli elegante e raffinata,
Napoli dalla buona cucina- un paio di volte Raul Marcobi deve evitare i cumuli
di immondizie, ci sono e non si può fare a meno di vederle ma, per una volta,
ce ne dimentichiamo perché c’è tanto d’altro da ammirare. Per una volta, non
sentiamo parlare di camorra o ‘ndrangheta- il male c’è, fa parte della natura
umana, ma è di un altro genere, più collegato a idee e a pensieri.
Seicentocinquanta pagine? Non ne avrei saltato neppure una.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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