il libro ritrovato
Elizabeth von Arnim, “Lettere di una donna indipendente”
Ed. Bollati Boringhieri, trad.
Simona Garavelli, pagg. 300, Euro 19,00
Sono sempre incantevoli i
personaggi femminili dei romanzi di Elizabeth von Arnim, nata a Sydney in
Australia nel 1866 e morta nel 1941 negli Stati Uniti. Non fa eccezione la
protagonista di “Lettere di una donna indipendente”, pubblicato per la prima
volta nel 1907 e appena ripubblicato da Bollati Borlinghieri- eppure quanto
poco contano le date per un libro che non invecchia e che non conosce età, come
il personaggio di Rose-Marie Schmidt.
Questa volta Elizabeth von Arnim sceglie
la forma del romanzo in lettere inaugurato nella letteratura inglese del ‘700
da Samuel Richardson, seguito subito dopo da Tobias Smollett. Sono 81 le
lettere che Rose-Marie scrive nell’arco di 15 mesi, tutte indirizzate allo
stesso uomo, il “caro Roger”, “mio tesoro adorato”. Nella quinta lettera, una
al giorno dopo la partenza di lui, scompare qualunque appellativo per
riapparire come “caro Mr. Anstruther” nella ventunesima, scritta ad un intervallo
di tre mesi dalla precedente. Venti lettere in cui Rose-Marie ci lascia capire
la sua breve storia d’amore, durata solo l’attimo di un bacio, con il giovane
inglese che era stato loro ospite a Jena per imparare il tedesco, il tempo di
una promessa che aveva illuminato la vita di lei che forse non si aspettava
neppure più di innamorarsi. E’ felice Rose-Marie, parla il linguaggio degli
amanti, racconta delle corse per intercettare il postino, della delusione se
non c’è niente per lei e dell’esaltazione che le dà il vedere la sua
calligrafia, ricorda i momenti passati insieme, pensa ad un futuro in cui
supereranno tutti gli ostacoli- lei tedesca, lui inglese, lei povera, lui
destinato alla carriera diplomatica. Non leggiamo mai le risposte di Roger,
possiamo immaginarle da quello che scrive Rose-Marie, fino alla lettera
ventuno, “tu sei uno smidollato”, “vuoi che passi la mia esistenza a
rimpiangerti?”, “la mia vita sarà meravigliosa anche senza di te”. Quando
Rose-Marie riprende la penna in mano, il tono è cambiato, è freddo e distante.
Per scaldarsi di nuovo, per rifiorire come il suo nome, perché questa è
Rose-Marie, forse quella che è sempre stata, certamente quella che vuole
essere, “adorabile” dirà lui a un certo punto, quando a lei ormai non interessa
più. O forse sì, ma non lo dà a vedere, Rose-Marie non cederà alle lusinghe,
convinta ormai che l’amore sia crudele e che sia destinato a finire, sempre.
Le sue lettere sono piene della vita quotidiana,
le difficoltà economiche, le discussioni con la matrigna, gli sforzi letterari
del padre, ma Rose-Marie trasforma la banalità delle piccole cose in qualcosa
di straordinario (“che cosa posso farci se le cose mi appaiono d’oro?”), le sue
parole frizzano di humour e, se ogni tanto riaffiora un ricordo, l’amarezza si
trasforma in saggezza (“se avessi una figlia la crescerei con l’obbiettivo di
instradarla a un futuro privo di mariti”). E Rose-Marie conquista Roger (e
anche noi), per poi allontanarlo, “non vi scriverò più”. Incomparabile la
finezza psicologica di Elizabeth von Arnim, estremamente moderna la figura
femminile che ritrae, ricco di sfumature il suo linguaggio.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
il libro è appena stato ripubblicato, sempre dalla casa ed. Bollati Boringhieri, senza nulla perdere della sua freschezza. Chi non l'avesse ancora letto, ne approfitti!
Elizabeth von Arnim |
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