Intervista a Tracy Chevalier
Si sente subito che Tracy
Chevalier è americana, anche se vive a Londra dal 1984, perché il suo inglese
ha mantenuto quella sonorità gorgogliante così squisitamente e musicalmente
caratteristica dell’inglese parlato oltre oceano. E le piace chiacchierare, la
gente deve esserle simpatica e lo è anche lei, con quello splendido sorriso
luminoso e aperto. Il suo primo romanzo, “La ragazza con l’orecchino di perla”,
è il libro dell’anno consigliato dai librai, la storia delicata e squisita del
volto che appare in un famoso quadro di Vermeer, con una sciarpa blu in testa e
una perla che cattura la luce e lo sguardo. Tracy Chevalier è venuta a Milano
per presentare il suo secondo libro, “Quando cadono gli angeli”, una storia a
più voci nella Londra degli inizi del ‘900.
Mi ha sempre affascinato il quadro di
Vermeer, così come mi interessava il cimitero di Highgate in cui è ambientato
il mio secondo libro. Credo che si debba scrivere di quello che ci interessa,
piuttosto che di quello che si sa. Voglio imparare qualcosa quando scrivo, mi
piace fare ricerche, voglio saperne di più. Così, se il quadro della ragazza
con l’orecchino di perla fosse stato un quadro del ‘900 spagnolo, avrei scritto
un libro ambientato in Spagna. E così il cimitero: è un cimitero vittoriano,
attualmente sta crollando in rovina. Ero andata a visitarlo e me ne sono
innamorata. Ho pensato che ci avrei scritto un romanzo e il tempo migliore era
quello in cui le fortune di quel luogo erano cambiate, quando si era
trasformato da un posto grandioso in un ammasso di rovine, all’inizio del XX
secolo.
Il cimitero è il punto focale
e lo sfondo di “Quando cadono gli angeli”. Forse dovremmo spiegare che i
cimiteri inglesi sono completamente diversi da quelli italiani, per dissipare
l’idea che il libro sia triste e morboso.
Il cimitero di Highgate è un posto
speciale. Faccio un lavoro di volontariato nel cimitero, ci vado da anni e una
cosa che ho notato è che è un luogo per i vivi piuttosto che per i morti. La
gente va al cimitero e ricorda le persone che non ci sono più e i ricordi sono
vivi. E poi ci sono tante piante e animali, ci sono addirittura delle volpi e
si sentono gli uccellini. E’ un posto in cui andare per ricordare ed essere
vivi. Per i vittoriani e gli edoardiani era un luogo per rappresentare le loro
famiglie, sia da vivi sia da morti. I monumenti funerari, gli angeli e le urne,
erano lì per mostrare la condizione sociale delle famiglie. Il cimitero non è
necessariamente un luogo triste. E’ riconoscere che la morte è parte della
vita. Una cosa che i vittoriani capivano. Non onoriamo più i morti come si
faceva un tempo. Se si ha un posto dove andare, per ricordarli, diventano parte
della nostra vita. Una volta pensavo che avrei voluto essere cremata alla mia
morte, e che le ceneri venissero sparse dappertutto. Adesso voglio ancora
essere cremata, ma voglio che le mie ceneri siano messe in un’urna, nel
cimitero, in modo che la mia famiglia possa venire lì a pensare a me. Non è un
pensiero morboso, è solo naturale.
Penso che il cimitero sia
anche un luogo d’incontro simbolico.
Il cimitero è un luogo pe i ricordi, ma
i vittoriani avevano l’abitudine di andarci a passeggiare, era come un parco.
Per i bambini del libro è un posto lontano da tutte le regole sociali. Il
ragazzo e le bambine godono di una libertà di stare insieme che non potrebbero
avere fuori di lì. Non potrebbero giocare insieme come fanno. E’ anche un posto
dove possono vivere il momento presente. E questo è rappresentato da Simon, il
figlio del becchino, perché nel cimitero si occupano di quello che accade nel
momento, mentre Lavinia è legata ai modelli del passato e Maude guarda al
futuro.
Faccio la guida nel cimitero, per mostrare
i monumenti ai visitatori, e poi del lavoro di giardinaggio, piantare delle
piante, diserbare, tenere in ordine, insomma.
Quali sono, secondo lei, le
differenze principali tra la cultura europea e quella americana?
Direi che gli europei sono come degli
adulti e gli americani sono dei ragazzi. I giovani sono meravigliosi,
rinfrescanti, gli adulti sono più cinici. I giovani mi fanno sorridere, ma
possono anche essere così ingenui. Gli americani non hanno mai imparato a
mettersi al posto degli altri. E’ uno dei motivi per cui vivo in Inghilterra.
Certo, mio marito è inglese, ma ho la sensazione che l’America sia
“isolazionista”, guardi verso l’interno. Gli americani non sanno molto del
resto del mondo. Così, quando succedono a loro cose come l’11 di settembre, si
rendono conto che possono essere colpiti anche loro da quanto accade, per
esempio, nel Medio Oriente o in Pakistan, nel resto del mondo insomma. L’
Europa ha dietro di sé una lunga storia. Può essere un problema in un certo
senso, perché si resta fissi in certi comportamenti, manca la freschezza, ma
c’è una sofisticazione, una maturità che apprezzo moltissimo.
Leggendo i suoi romanzi, lei sembra più una
scrittrice europea che americana. Quali sono le differenze tra la narrativa
americana e quella europea?
Mi è stato detto che i miei libri sono
più europei che americani. Io so che non riesco neppure ad immaginare di
ambientare un libro negli Stati Uniti.
La narrativa americana tende ad essere un
ampio commento sulla società, penso a De Lillo, Saul Bellow, Philip Roth,
Franzen. Sono scrittori che danno il loro meglio in questi ampi affreschi. La
narrativa europea è più ristretta, più particolare, più approfondita, più
cinica e buia. Anche se queste sono generalizzazioni, naturalmente. Gli
americani scrivono romanzi contemporanei, sul “qui” e sull’ “adesso”.
Verrà girato un film tratto da
“La ragazza con l’orecchino di perla”. Chi saranno gli attori? Ha scritto lei
il copione? Sarà fedele al libro?
Il film verrà girato questo autunno,
tra l’ Inghilterra e l’Olanda. Vermeer sarà interpretato da Ralph Fiennes (Il
Paziente Inglese), un attore fantastico, trovo che ha un certo distacco, una
freddezza, ma è anche vivo e ironico. La ragazza sarà Kerstin Dunst, che ha
appena girato “Spiderman”. Il regista è inglese, lavora per la BBC. No, non ho
scritto io il copione, però l’ho letto. Fedele al testo, un ottimo lavoro. Sono
state tagliate alcune trame secondarie e ci sono delle soluzioni, dei dettagli
così veri che mi sono sentita gelosa. Mi ha fatto pensare, “avessi avuto io
questa idea!”.
Tracy Chevalier, “Quando cadono
gli angeli”
Ed. Neri Pozza, pagg. 363, Euro
16,50
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