Voci da mondi diversi. Cina
il libro ritrovato
Mo Yan, “Cambiamenti”
Ed. Nottetempo, trad. Patrizia
Liberati, pagg. 104, Euro 12,00
Titolo originale: Bian
Per prima cosa ci mettemmo in fila per la fotografia in piazza
Tian’anmen, poi eccoci di nuovo in coda al mausoleo del presidente Mao per rendere
omaggio alla salma. Guardando il presidente disteso nella bara di cristallo,
ripensai a quando due anni prima avevamo ricevuto la notizia della sua
scomparsa e fu come se le montagne fossero crollate di schianto e la terra si
fosse aperta sotto ai nostri piedi. Capii così che a questo mondo non esistono
gli dei.
E’ ormai diventata una leggenda, la
risposta dello scrittore cinese Mo Yan alla domanda sul significato del nom de plume che si è scelto. Vuol dire “Non parlo” e più di
una volta Mo Yan ha spiegato come la mamma e la nonna fossero solite
rimproverarlo perché parlava di continuo, perché aveva una bocca grande che
lasciava uscire un fiume di parole. E il primo dei flash di ricordi contenuti
nel libro smilzo edito da Nottetempo, “Cambiamenti”, si riaggancia proprio alla
linea della sua bocca: era impossibile che proprio dal bambino che era allora
Mo Bocca Larga fosse venuto il soprannome irrispettoso appioppato al maestro
Liu, detto il Rospo. Eppure la sua presunta colpa gli era valsa l’espulsione
dalla scuola. Quello che poi era successo al maestro Liu- l’aver inghiottito
una pallina da ping pong che aveva centrato la sua bocca spalancata- è
indubbiamente uno degli episodi più esilaranti di questo libro che riesce ad
abbozzare a grandi linee i cambiamenti del paese che si riflettono nella vita
dello scrittore stesso.
Solo in apparenza gli otto capitoli del
libro sono racconti a sé perché c’è un filo conduttore: i cambiamenti della
Cina sono visti attraverso l’io narrante di Mo Yan e due personaggi ricorrenti,
Liu Wenli e He Zhiwu, collegano le varie fasi della sua vita. Liu e He erano
entrambi compagni di classe del bambino Mo- Liu era la ragazza carina invidiata
da tutti perché suo padre faceva l’autista per l’Azienda agricola statale e
guidava un camion Gaz-51 di produzione sovietica; He Zhiwu era il ragazzo che
aveva scritto il tema di una sola frase in cui diceva che il suo massimo
desiderio era fare il padre di Liu Wenli.
Con il che non voleva suggerire
qualcosa di indecente, semplicemente avrebbe voluto guidare il camion “rapido
come il vento, veloce come una saetta”, quel Gaz-51 che He Zhiwu, diventato
ricco con il commercio di bestiame in Mongolia, avrebbe acquistato (chi lo
avrebbe mai detto!) offrendo una cifra strepitosa al padre di Liu, lo stesso
Gaz-51 che appare in una scena del film “Sorgo rosso” tratto dal romanzo che
rese famoso Mo Yan.
Con l’inizio della Rivoluzione
Culturale lo scrittore fece a mala pena a tempo a terminare la scuola
elementare, dunque, e l’unico futuro aperto per lui era l’arruolamento. Anche
negli anni in cui è militare Mo Yan ha occasione di incontrare Liu e He. Una
volta fa apposta una deviazione per rivedere Liu- lei è seccata e brusca con
lui, anni dopo ancora (quando l’epoca di Mao è un passato lontano) sarà Liu ad
andarlo a trovare per chiedergli una raccomandazione per la figlia che aveva
partecipato al concorso per interpreti di opera maoqiang indetto dalla televisione. E nel 2008 Mo Yan rivide pure He
Zhiwu che ospitò il vecchio compagno di scuola in una suite di lusso di un
prestigioso albergo. He Zhiwu aveva moglie e figli ma, quando Liu Wenli era
rimasta vedova, lui le aveva proposto di diventare la sua amante. Sembra quasi
che la storia dei personaggi sia una serie di corsi e ricorsi, proprio come la
Storia dell’umanità.
La grande Storia filtra in trasparenza
dietro i racconti di Mo Yan. Non ci sono mai riferimenti precisi, siamo noi
lettori a dover leggere la Storia dietro alla forzatura che questa impone sulle
vite individuali, nell’essere liberi di scegliere solo nell’arco delle scelte
possibili. E, se la realtà è questa, tanto vale affrontarla con un sorriso e
non drammatizzare. La generazione di Mo Yan non ha spazio per concessioni al
sentimento: ci viene detto che il mondo aveva tremato, per lo scrittore e per
chissà quanti milioni di cinesi, alla notizia della morte di Mao, ad un certo
punto sappiamo che lo scrittore si sposa, che ha una figlia, ma è soltanto nel dettaglio
che è stato Mo stesso a voler scegliere il suo nome, Xiaoxiao che significa
“piccolo flauto di bambù”, che possiamo indovinare una nota di affetto.
“Cambiamenti” è un libro autobiografico in
sordina. Non è il fiume in piena della narrazione dei romanzi che sono dei veri
capolavori, “Sorgo rosso”, “Grande seno, fianchi larghi”, “Il supplizio del
legno di sandalo”, piuttosto un rivolo gorgogliante- quasi Mo Yan volesse
mantenere un certo qual riserbo parlando di se stesso, come se non meritasse il
posto al centro del palcoscenico che ha dato, invece, ai suoi fantastici
personaggi. E lo apprezziamo ancora di più per questo.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Mo Yan |
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