il libro ritrovato
Fulvio Ervas, “Se ti abbraccio non aver paura”
Ed. Marcos y Marcos, pagg. 319,
Euro 17,00
Mi sono ritratta da questo libro, appena è
stato pubblicato. Forse perché due persone a me molto care hanno una un figlio
e l’altra un nipotino autistico e non mi sentivo abbastanza forte da aggiungere
altra sofferenza a quella derivata dalle loro confidenze. Perché sapevo che la
lettura di “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas sarebbe stata
dolorosa, di un dolore necessario. Adesso, all’improvviso, è venuto il momento
giusto, ho sentito che dovevo leggerlo. E c’è stato il dolore, ma anche momenti
di allegria. Soprattutto c’è stata una mia reazione di ammirazione per il
coraggio di Franco, il papà di Andrea, per l’amore incondizionato di un padre
per il figlio, per la lezione di perseveranza e di pazienza, per la forza
interiore di non rinunciare mai a combattere anche quando tutto sembra inutile.
Si è parlato tanto del libro di Ervas e penso che si sappia come è nato:
lo scrittore ha ‘raccolto’ la storia di Franco e Andrea Antonello, ne ha fatto
come un messaggio in una bottiglia scagliata tra le onde, perché è ora che si
parli di autismo, è ora che qualcosa si smuova per dare un aiuto ai genitori
che hanno un figlio autistico, per aumentare i centri dove i bambini e i
ragazzi autistici possano ricevere terapie.
Tutto è iniziato con il problema di come
occupare i mesi di vacanza estiva di Andrea- impossibile mandarlo in un
qualunque campo estivo, ovvio. Dopo aver sentito l’opinione dei medici (per lo
più contrari- i ragazzi autistici non amano cambiare ambiente), dopo aver
superato le paure (e se…? se lui, Franco, si ammala? se Andrea si smarrisce? ci
vuole un attimo per perderlo di vista), Franco e Andrea partono per l’America. Ed
incomincia il più straordinario libro on
the road.
Sono atterrati a Miami, Franco noleggia una moto e…via, si parte.
Dove li porta il vento o meglio le ruote. Alcuni luoghi erano già stati scelti
prima di partire ma in altri capitano o per caso, o accettando suggerimenti, o
sbagliando strada. Viene in mente il film cult di fine anni ‘60, “Easy rider”,
e alla fin fine, anche il viaggio di Franco e Andrea è una ricerca di libertà,
anche se non quella che cercavano i due centauri del film. Una delle frasi che
Andrea riesce a scrivere sul computer dice: “Sono un uomo imprigionato nei
pensieri di libertà. Andrea vuole guarire”. Andrea è prigioniero della sua
malattia, Andrea è un ‘diverso’ (per altri motivi anche i due hippies di “Easy
rider” erano guardati con sospetto perché ‘diversi’), Andrea tocca le pance
delle persone per sentirne la fisicità (e queste si ritraggono spaventate),
Andrea non riesce a controllare i movimenti, anche se si sforza.
All’improvviso cola inchiostro, nero di
seppia. Le frasi che Andrea ripete e che lo fanno apparire un disco inceppato,
l’autonomia personale che fatica a consolidarsi, il dialogo che si spegne
facilmente, la sua richiesta di essere morsicato, tirato per i capelli e sempre
quel toccare le persone sulla pancia e abbracciarle all’improvviso: tutto
questo mi sembra di colpo insopportabile, eterno, al di là delle mie forze.
Dagli Stati Uniti al Messico e
poi a Panama e poi nell’America Latina, perfino in Amazzonia. Ma l’itinerario
di padre e figlio si può seguire su una mappa all’inizio del libro. Che cosa
succede nei tre mesi di viaggio? Succede che l’esperienza di Andrea si amplia
immensamente (tenerissimo l’incontro con una ragazzina in Brasile), che, a
sprazzi, acquista una certa autonomia, che il legame con il padre si fa non
solo più forte ma anche più intimo, evitando il rischio di una maggiore
dipendenza- commovente la notte che Andrea passa, invertendo i ruoli, a
vegliare il padre che sta male. E affiora un’altra realtà: che Andrea vive meglio, che è meno diverso là dove la vita è più semplice, più ancorata alle
necessità essenziali, dove la cultura tecnologica e di mercato non è ancora
arrivata e i legami umani sono ancora spontanei e sinceri.
“Se ti abbraccio non aver paura” non è un
libro da leggere e riporre sullo scaffale quando lo si è finito. E’ un libro
che deve continuare a lavorare dentro di noi, che deve indurci a riflettere,
che richiede un impegno personale da ognuno di noi per aiutare tutti gli Andrea
e tutti i Franco che si battono per i loro figli.
la recensione è pubblicata su www.stradanove.net
lo scrittore Fulvio Ervas
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