Voci da mondi diversi. Diaspora ebraica
premio Nobel
Isaac B. Singer, “Max e Flora”
Ed.
Adelphi, trad. E. Zevi, pagg. 207, Euro 19,00
Torniamo in via Krochmalna, a Varsavia,
teatro delle vicende di “Keyla la Rossa”. Torniamo nella strada del ghetto
popolata da trafficoni, ladri, prostitute- l’altra faccia della società
ebraica, quella senza le palandrane nere e i peyot ai lati del viso, in quella
yiddishland ormai scomparsa. E ritroviamo Max Shpindler in “Max e Flora”.
Max si è dato una ripulita, andando a Buenos
Aires. Ha messo su una facciata di perbenismo- in Argentina ha fatto fortuna
con una fabbrica di borsette, è sposato con Flora, si amano. E adesso sono
tornati a Varsavia in cerca di ‘merce fresca’. Sì, perché, dietro le borsette
che giustificano i guadagni, c’è il bordello gestito da una tal Berta e Max si
è impegnato a portare un buon numero di ragazze vergini. A lui il diritto di
sedurle e istradarle, Flora lo sa e non è gelosa.
Poi l’amico Meir Panna Acida (niente come questi soprannomi, e a Meir aggiungiamo la moglie Leah Lingualunga, Itche il Guercio e Srulke il Tonto, ci dà l’idea dell’ambiente di via Krochmalna) gli presenta Rashka, una biondina quindicenne che fa la serva presso una vecchia signora. E Max perde la testa, è certo di essere innamorato. Non ha nessuna intenzione di portarla nel bordello di Berta, Rashka è per lui.
Le vicende di Max tornato a Varsavia
sfiorano il tragicomico. Dovrebbe essere meno ingenuo, alla sua età, invece si
lascia irretire da una gruppo di anarchici a cui fornisce dei soldi, per poi
tirarsi indietro con la paura che lo ricerchino per ucciderlo, rapisce Rashka
sorvolando sul fatto che lei non ha documenti e lui è perseguibile, visto che
Rashka è minorenne, la porta in una cittadina termale facendola passare per sua
figlia. E Flora? Max non vuole più saperne di Flora da quando ha scoperto che,
quando l’ha conosciuta, non era affatto una ragazza innocente ma una
prostituta. Lo sapevano tutti, lavorava con Leah Lingualunga, come poteva Max non
aver mai avuto il minimo sospetto?
Pensa di uccidere Flora, pensa di uccidere
l’uomo che era stato il suo amante e che Flora ha di nuovo incontrato a
Varsavia, no, non la ucciderà, non ucciderà neppure l’amante, la ama ancora,
no, non la ama, è stanco di Rashka che è proprio una bambina con cui non può
parlare di tutto come faceva con Flora. È pieno di dubbi e di incertezze, Max,
sugli altri, su se stesso, sulla vita che ha condotto finora. Si ritrova
perfino a pensare a valori spirituali che mai lo avevano turbato prima. Che
cosa gli succede? È sapere che l’amico Meir sta morendo che lo spinge ad altri
pensieri?Via Krochmalna oggi
Questo tassello che ricompone un mondo che
non c’è più (“Max e Flora” completa la trilogia iniziata con “Il ciarlatano”) è
scritto con la precisione, il colore, la ricchezza di dettagli che
contraddistinguono lo stile di Isaac Bashevis Singer, premio Nobel 1978. Uno
stile che riesce a combinare vivacità, ironia, leggerezza e profondità, cinismo
e una certa qual tristezza di sottofondo. Perché la conclusione, che tira le
fila delle varie vicende e raduna sulla scena tutti i personaggi, sia quelli
maggiori sia quelli minori, è naturalmente tragico.
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